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Bruce T. Carroll - Ruckus And Romance

Pubblicato da Remo Ricaldone |


Per parecchi anni Bruce T. Carroll si è esibito sui palchi di New York City facendosi conoscere in ambito locale come performer di talento e autore dalla notevole sensibilità e humour. Proprietario di un locale di fama a Larchmont, Stato di New York chiamato Watercolor Cafe che lo ha impegnato per lunghi anni, Bruce è tornato alla composizione raccogliendo una serie di canzoni che ben rappresentano il suo mondo, mostrando un grande cuore e la capacità di esprimere l’ampia gamma di sensazioni che vanno dal dolore della perdita all’amore coniugato sempre in maniera intelligente e mai banale. “Ruckus And Romance” ci presenta un artista che inevitabilmente raccoglie l’eredità di personaggi come Bob Dylan, Tim Buckley, Paul Siebel ma anche James Taylor e John Prine ma lo fa con personalità e originalità, supportato da una serie di sidemen di classe, dalle chitarre elettriche di Marc Shulman alle tastiere di Clifford Carter, dall’acustica di David Spinozza alla magnifica voce di Nicole Alifante, protagonista più volte di queste canzoni e i violini di Sara Milonovich e Tracy Grammer a dare quell’ulteriore tocco poetico a canzoni che sono comunque melodicamente eccellenti. “When Two Worlds Collide” apre nel modo migliore l’album, con grande freschezza, una splendida aura tra country music e canzone d’autore e con tutta la forza e la convinzione di un impegno sociale a favore dei rifugiati di tutto il mondo. “These Things Are Mine” è più intima e personale, una riflessione sulle varie fasi della vita interpretata con vivacità e una voce che coinvolge e conquista, “A Dream Is A Dream” è veramente sognante grazie a Nicole Alifante e ai suoi interventi vocali in una canzone sospesa tra passato e presente, sogno e realtà. “The House On The Hill” ci porta invece alla dura realtà della grande crisi economica di questi anni con la perdita tra le più pesanti, quella della casa, con un’accoppiata di grande fascino composta dal violino di Sierra Noble e la fisarmonica di Jon Cobert. Il disco poi prosegue con tematiche alle quali tutti possiamo relazionarci come separazioni, legami che nascono e che finiscono con quel tocco agrodolce da ottimo storyteller. Da sottolineare la scorrevole “Shakedown” che a me ricorda certe cose del James Taylor in bilico tra influenze pop e colorazioni soul, “Hurt You Instead” introdotta dall’angelica voce di Nicole Alifante che rimanda alla primissima Joni Mitchell per purezza e bellezza, mentre la conclusiva “Angel Angel” è il sigillo di un godibilissimo lavoro. Alla prossima, Bruce….

Remo Ricaldone

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