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Pearl Snaps - Jason Boland & The Stragglers

Pubblicato da Max Masetti |

Se fra i ringraziamenti vengono citati nomi quali Cross Canadian Ragweed, Great Divide, Bob Childers (con il quale il chitarrista Roger Ray aveva girato l'Italia nel 1998), Red Dirt Rangers e Beverly Mayes, i riferimenti al movimento denominato Red Dirt (filone ibrido di country e roots-rock ubicato geograficamente nell'area a cavallo fra il Texas e l'Oklahoma, dove il terreno evidenzia un'alta componente di argilla rossa, da cui la sua denominazione) diventa palese e questa gia' e' una grossa garanzia. Seppoi tutti gli esordi fossero come quello di Jason Boland e dei suoi Stragglers, allora la musica sarebbe ben diversa. Mi si perdoni il pessimo gioco di parole, ma - scherzi a parte - questo disco mi sembra davvero un capolavoro. A partire dall'iniziale Somewhere Down In Texas, che si apre con un drumming quasi militaresco il quale, a sua volta, cede il passo al fiddle sognante di Richard Bowden (compagno di ventura di Don Henley - poi Eagles - negli Shiloh). La voce solista di Jason e' stupenda: quasi svogliata, ma molto personale, ancor piu' bella nel contrasto con quella di Terry Hendrix, si allunga nella narrazione che culmina in una esclamazione che e' anche sfogo: "…all'inferno gli oroscopi ed i sogni vuoti, all'inferno Valentino ed il suo paio di jeans tagliati. Perch� so che posso farcela qui con una confezione da dodici (di birra, n.d.t.) ed una preghiera…". Suggestiva fino all'ultimo, con quel finale in dissolvenza, sul quale il fiddle di cui sopra intona l'inno sudista Dixie. Drinkin' Song affronta un altro argomento caro a Jason e la prima strofa del brano racchiude il suo messaggio: '…Gesu' ha fatto suo il mio cuore e l'whiskey ha fatto suo il mio fegato…". Musicalmente parlando, si tratta di un episodio di hard-core honky-tonk, dove Roger Ray si mette in luce sia alla pedal steel che alla chitarra elettrica, molto twangy per l'occasione. Il title-track Pearl Snaps si rifa' all'esigenza di ciascuno di noi di attaccarsi alle poche sicurezze - o presunte tali - che ancora rimangono nella vita: '…l'whiskey da poco prezzo e le camicie con i bottoni automatici di madreperla sono due cose che restano sempre uguali, percio' quando il mondo comincia a girare e ti fa male la testa, affidati all'whiskey da poco prezzo ed alle camicie con i bottoni automatici di madreperla…". Proud Souls inizia con Roger Ray sugli scudi, sia per l'acustica arpeggiata, che per la solita steel molto languida. La voce di Jason ora suona disperata e comunque estremamente suggestiva quando recita '…il riscaldamento e' rotto e la stanza e' fredda; le ginocchia e le anche mi docono che sto invecchiando, il telefono finalmente squilla, ma non e' per me…". Questi ragazzi non sbagliano un colpo. Ponies e' l'unico brano che non porta la firma di Jason Boland, ma il livello e' parimenti altissimo, anche se lo stile compositivo e' palesemente diverso. Si tratta di un prodotto firmato da Roger Ray (ancora lui alla chitarra solista, ritmica e baritono, pedal steel e dobro) e Grant Tracy (basso, banjo e voce corista), entrambi membri del gruppo, oltre alla cantautrice blues-oriented Beverly Mayes (suo il CD "Keep The Good Earth Whole" su Dust Bowl Records) ed un non meglio identificato Brandon Hamilton. Da un punto di vista musicale, il brano richiama l'intro di fiddle demoniaco che aveva caratterizzato The Devil Went Down To Georgia (Charlie Daniels Band), con il drumming incalzante di Brad Rice. L'apporto strumentale di Roger Ray diventa determinante allorche' la chitarra elettrica solista torna indietro di mezzo secolo, si fa molto "twangy" ed intona la melodia di Ghost Riders In The Sky, con Stan Jones che sorride benevolo dall'alto. Bello il breve duetto fra acustica e fiddle, ma ben presto la partita si gioca sul dualismo fiddle/batteria ed e' lo strumento a corda, in mano ad un esausto (penso) Richard Bowden ad avere l'ultima… nota: grandissima performance. Backslider Blues e' vagamente reminiscente delle atmosfere magiche di For A Spanish Guitar a firma Gene Clark, con il dobro di Roger Ray che si affianca all'accordion di Bukka Allen (figlio di tanto padre, Terry) per creare un amalgama praticamente perfetto con la voce tragica di Jason, uno dei vocalists piu' sottovalutati dell'attuale panorama country Texano, ma che non manchera' di regalarci nuove emozioni. Telephone Romeo potrebbe essere l'unico punto debole del CD, ma basta ascoltarla per capire che, se di cedimento di tono si parla, molti ce ne vorrebbero. Devil Pays In Gold ha un approccio molto western, vuoi per il ritmo, vuoi per la storia che narra di un certo Gus che e' stato abbandonato dalla sua donna, la quale e' fuggita con un giocatore professionista di New Orleans. Gus ora medita di rintracciare la coppia e sistemarla a dovere e tutte le emozioni ed i pensieri che gli attraversano la mente sono fotografati minuziosamente e resi in modo altrettanto particolareggiato nella sinergia fra musica e parole, con il mandolino (Richard Bowden) e la chitarra (Roger Ray) che riempiono gli spazi fra le strofe. Hard core honky-tonk all'ennesima potenza per la dirompente forza di If I Ever Get Back To Oklahoma. Grande Jason alla voce solista, ma gli altri membri della band (specie Roger Ray, che si supera alla chitarra elettrica solista) non sono da meno, confezionando un prodotto davvero eccellente. Il country-boogie di No Damn Good e' la perfetta colonna sonora per una Lone Star Interstate ed e' ancora Roger Ray, con la sua chitarra elettrica che suona come quella dei dischi di Don Gibson, a rubare la scena a Jason, ben supportato dalle tastiere di Riley Osbourne. Stando alle indicazioni del booklet e della copertina, la conclusiva Change In The Weather (si', quella di Bob Childers) dovrebbe durare 5:40, ma il display del mio lettore indica 10:31. Errore o c'e' il classico 'ghost track'? Andiamo con ordine. La cover si arricchisce dell'apporto non indifferente dell'armonica di Benny Craig e scopriamo che la voce di Jason ben si adatta anche a questo improbabile country-blues, ben affiancata dal dobro dell'oramai insostituibile Roger Ray. Effettivamente resta un brano-fantasma della durata di ben quasi quattro minuti, con la chitarra elettrica solista che va a fuoco in mano a Roger Ray e di vago sapore gospel-latino, se capite cio' che intendo. In caso contrario Vi consiglio di darvi da fare per reperire il CD in questione (ciliegina sulla torta: Lloyd Maines produce e suona la chitarra acustica) contattando Jason Bowland & The Stragglers via internet connettendovi con www.thestragglers.com. A proposito, l'album e' datato 1999, ma si tratta di un dettaglio assolutamente poco significativo.

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