Ronnie
Fauss ormai è da considerare tra le migliori voci uscite dal Texas in questi anni, un artista
che non nasconde l’amore per la canzone d’autore più nobile e l’alternative
country dalle tonalità più convincenti, quello che proprio nel Lone Star State
ha scritto pagine storiche. “Last Of The True” è per il musicista di Dallas
l’occasione per produrre finalmente la propria musica dopo due comunque ottimi
album sotto l’egida di Sigurdur Birkis, drummer per Will Hoge e il risultato è
ancora una volta estremamente positivo con quella carica emotiva e quella
convinzione frutto di una carriera finora impeccabile. Il suono è vibrante, la
qualità delle canzoni sempre sopra la media e la scelta delle cover una volta
di più intelligente ed azzeccata. Partendo proprio da queste ultime troviamo
“New Madrid” di Jeff Tweedy e dei suoi Uncle Tupelo riletta con una classe che
non lascia dubbi sulle qualità di Ronnie Fauss per poi interpretare con
passione una “The Velocity Of Saul At The Time Of His Conversion” dal
repertorio degli Okkervil River tra le più intriganti band di americana degli
ultimi anni e chiudere con una accorata “Don’t Think Twice It’s All Right”
capolavoro di Bob Dylan trattandola con delicatezza e tanto feeling. Tra gli
originali invece spiccano il duetto con Ben Kweller in “Saginaw Paper Mill”, l’ottima
“No One To Blame But Yourself” in cui fanno bella mostra le armonie vocali di
Deryl Dodd, l’accoppiata vincente di “Big Leagues” e “Twenty-two Years” che
sgombrano subito il campo sulle intenzioni di Mr. Fauss con grinta e tanta
energia, “I Think We’re Going To Be Okay” sognante ballata con le belle
tastiere di Chris Tuttle e le sempre splendide chitarre di Paul Niehaus, “Big
Umbrella” dal piglio orgogliosamente texano che penso non avrà difficoltà ad
essere cantato in coro dai fortunati che assisteranno ad un suo concerto e “Bright
Lights Of L.A.” fluida e rilassata con la pedal steel di Paul Niehaus incisiva
e coinvolgente. Ronnie Fauss merita tutta la nostra attenzione, è arrivato il
momento di dare fiducia alla sua proposta magari recuperando anche i suoi
precedenti due album, “I Am The Man You Know I’m Not” e “Built To Break”,
caldamente consigliati.
Remo Ricaldone
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