Dopo tre ottimi dischi e migliaia di concerti come leader dei Bastard Sons Of Johnny Cash, Mark Stuart ha scelto una nuova strada mettendosi ‘in proprio’ e trasferendosi dalla nativa California ad Austin, Texas. Il risultato di questa svolta nella sua carriera è un album dal titolo significativo che riprende l’amata iconografia della ‘road life’, “Bend In The Road”, dove Mark Stuart si riappropria delle radici con le quali è cresciuto: country music, rock, blues. “Bend In The Road” è un godibilissimo viaggio in cui certamente non si rinnega il passato ma dove c’è nuova linfa ed entusiasmo. L’apertura è dedicata all’unica cover presente, “I’m Just An Old Chunk Of Coal” di Billy Joe Shaver, tanto per mettere le carte in tavola. Grande versione. Prima di inserire la quarta (per rimanere in tema di strada) c’è la parentesi quasi bluegrass di “Restless, Ramblin’, Man” e poi via con le gustose “When Love Comes A Callin’”, “Power Of A Woman” (un potente blues shuffle con venature country che ricorda i grandi Blasters), “Lonestar, Lovestruck, Blues” (ballata che profuma intensamente di border, con la fisa di Phil Parlapiano), “Gone Like A Raven” dalla melodia che ammalia e che ci porta negli affascinanti deserti del sudovest, “Seven Miles To Memphis” classico ‘barroom shuffle’, “Best Thing” e le sue inflessioni country-rock, “Fireflies”, “Everything’s Goin’ My Way” dove il baricentro di sposta più ad est verso New Orleans, “Way Down The Road” e le sue reminiscenze sixties (sarà per l’organo che riporta alla mente quello di Al Kooper nei dischi di Bob Dylan?) e la ballata conclusiva intitolata “Carolina”, degna chiusura per un disco molto positivo che apre nuove prospettive per un musicista di grande valore. http://www.markstuartmusic.com/ e http://www.bsojc.com/ sono i siti web consigliati.
Remo Ricaldone

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