Tornano dopo un paio di anni I Beautiful Loser Society, intrigante combo alt-country che proviene dal Colorado. Dopo l’esordio nel 2009 con “Aim Low” e la eccellente conferma di un anno dopo con “The Long Slow Decline”, Chuck Barry e i suoi pards ci regalano ancora la loro visione dell’America di provincia, quella più vera e semplice. “The Desperate Promenade” è ancora una volta uno sguardo disincantato e passionale a quelle radici musicali tra country, folk e rock che il panorama indipendente americano sviscera in maniera sempre propositiva, lontano dalle pressioni e dai vincoli delle major. Le dieci canzoni che compongono questo disco sono tutte frutto della penna di Chuck Barry, cantante e chitarrista alle prese anche con lap steel, basso e banjo mentre al suo fianco ci sono Danny Bankston alle percussioni, Dale X Allen il cui prezioso apporto non si limita all’aspetto strumentale (chitarre, basso e dobro) ma anche a quello ‘tecnico’ in fase di lavoro post-registrazione, missaggio e masterizzazione negli Summit Street Studio di Austin, Texas. Carl Johnson presta la propria steel guitar mentre John McHenry, Moe Cooley e Justin Richert fanno un’apparizione più fugace a basso (i primi due) e chitarre elettriche. La roots music dei Beautiful Loser Society è genuina e fresca, con una attenta ricerca melodica e la voglia di esplorare tematicamente i vari aspetti della vita della ‘small town America’. Coesione e sincerità sono tra le peculiarità che risaltano subito dall’ascolto della loro musica e sarebbero da citare in blocco tutti i brani compresi in questo “The Desperate Promenade”. A mio parere però si possono sottolineare la canzone che dà il titolo a questa raccolta, l’eccellente “Long Lost Friend”, i ricordi del passato di “Hank’s Lament” (con la citazione del classico “I Saw The Light”), le emozioni della vita dei rodei in “8 Second Ride”, la più irrequieta “The Shadow And The Mire” (quasi younghiana) con chitarre elettriche e banjo che si intrecciano, “A Bottle And A Barstool” (il titolo è tutto un programma!) con una bellissima pedal steel che la nobilita, “Given Time” e la più rockeggiante “Eights And Aces”. Un lavoro nel complesso onesto e ben strutturato che conferma lo stato di ispirazione dei BLS e che li pone tra le realtà migliori del panorama americana odierno. Remo Ricaldone

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