Dopo
due dischi che lo hanno portato ad essere considerato uno dei nomi più validi
della scena americana, Israel Nash Gripka ci presenta il suo disco forse più
derivativo ma anche il più coeso e compatto, con lo sguardo sempre attento ai
suoni dei primi anni settanta e il cuore rivolto ai musicisti che più lo hanno
influenzato, da Neil Young alla Band a Ryan Adams. “Israel Nash’s Rain Plans” è pervaso
dallo stesso umore sofferto ed evocativo che ha caratterizzato il loner
canadese in “On The Beach”, “Tonight’s The Night” e anche in “Zuma”, con
ballate elettroacustiche che a poco a poco si insinuano nella mente
dell’ascoltatore fino a risultare affascinanti e attraenti. Con una voce meno
roca e talvolta usando il falsetto che ricorda Neil Young, Israel Nash porta a
termine un progetto che è una sorta di viaggio metafisico attraverso rock e
radici, intriso di nostalgia e di genuino trasporto, caratterizzato da ottimi
intrecci di chitarre elettriche ed acustiche. Un disco che come detto necessita
di qualche ascolto per meglio penetrare le melodie e il significato di queste
ballate, dall’iniziale “Woman At The Well” a “Through The Door” a “Just Like
Water” che formano un trittico di grande spessore, per poi apprezzare quelle
che a mio parere sono alcune delle sue canzoni più indicative come "Rain
Plans”, “Iron Of The Mountain” introdotta da un gustoso arpeggio alla dodici
corde acustica, “Mansions” che rimanda alle atmosfere di una “Cortez The
Killer” ancora una volta di ‘younghiana’ memoria e “Rexanimarum” dall’andamento
quasi ‘bandiano’ (nel senso del gruppo di Robbie Robertson). “Israel Nash’s
Rain Plans” potrà benissimo essere un compagno fedele e sincero dei nostri
prossimi pomeriggi autunnali di cui condivide colori e sapori.
Remo Ricaldone
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