Intelligentemente
uniti in un unico doppio disco dalla tedesca Blue Rose qui in Europa, ecco i
due album di Owen Temple pubblicati contemporaneamente a certificare il suo
ottimo stato di forma artistica. E se il live al Saxon Pub di Austin, Texas
inciso nel marzo del 2012 è una gustosa occasione per goderci un suo concerto
con l’ormai fido producer Gabriel Rhodes alla chitarra acustica e con la sezione
ritmica nelle mani di Josh Flowers al basso e Rick Richards alla batteria,
“Stories They Tell”, il suo settimo lavoro in studio è un ulteriore passo in un
discografia decisamente valida, un ulteriore e profondo sguardo al mondo di
oggi attraverso una visione ironica, disincantata e sempre intelligente ed
intrigante. Nel pur breve spazio di un disco singolo il live ci regala alcune
perle del repertorio di Owen Temple, dalla eccellente “Medicine Man” (ripresa
in una robusta versione dai Band Of Heathens) a “One Day Closer To Rain”, fino
a “Mountain Home”, “Dirty South” e “Cornbread And Beans”, occasione ghiotta per
apprezzare la sua vena melodica e le sue storie coinvolgenti. “Stories They
Tell”, con le sue undici canzoni scritte in colalborazione con amici del
calibro di Adam Carroll, l’ex Band Of Heathens Gordy Quist, Clay McClinton
(figlio del grande Delbert) e A.J. Roach, prosegue nel solco dei precedenti
lavori con un suono ampiamente collaudato in cui spiccano la pedal steel e il
dobro di Tommy Spurlock, le armonie vocali di Colin Brooks e Jamie Wilson e i
musicisti che lo accompagnano in concerto e che abbiamo citato per il suo live.
L’atmosfera è spesso rilassata ed amichevole, i suoni in gran parte acustici,
le canzoni spesso superiori alla media per incisività e acume, sin dalla bella
accoppiata iniziale affidata e “Looking For Signs” e “Make Something”, entrambe
composte dal solo Owen. L’allegorica “Cities Made Of Gold” è uno dei capolavori
del disco, ambientato nel desertico Texas al confine con il Messico mentre “Man
For All Seasons”, grazie alla sua fresca melodia, sarà certamente uno dei suoi
classici dal vivo, “Be There Soon” è più country e cadenzata con un ottimo
break di Tommy Spurlock al dobro, “Homegrown” è, come dice anche il titolo,
profondamente radicata nel suolo texano, una ballata di grande presa. Da citare
ancora sono “Johnson Grass” e “Six Nations Caledonia”, altre due canzoni che
contribuiscono ad inquadrare la poetica di Owen Temple, un nome da affiancare
tranquillamente al meglio del cantautorato del Lone Star State.
Remo Ricaldone
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