E’
una crescita esponenziale quella di Jason Eady, tra le voci più belle ed
intense in quei territori tra la country music e i suoni della tradizione folk
e bluegrass proposti attraverso una visione ‘southern’ di estrema efficacia. E
questo disco omonimo si affida nuovamente alla produzione di Kevin Welch per
proporsi come uno dei più validi di una discografia sempre su livelli di
eccellenza ma forse mai come in questo caso vigorosa e splendidamente vicina al
cuore della tradizione. I suoni sono cristallini e sono centellinati con
precisa cura e trovano nel fiddle e nel mandolino di Tammy Rogers,
straordinaria ‘sidewoman’ e membro fisso degli Steeldrivers (a cui si
avvicinano spesso le sonorità di questo album), nelle steel guitar e nel dobro
dell’incommensurabile Lloyd Maines e nelle angeliche armonie vocali della
texana Courtney Patton gli interpreti perfetti. La voce calda e modulata di
Jason Eady è poi il veicolo principale per storie indissolubilmente legate ad
una country music quasi dimenticata dalle nuove leve nashvilliane, storie in
cui non si evita di trattare temi come perdita di identità e redenzione, vite
vissute al margine della società a cui si chiede una ‘second chance’ per poter
inseguire i propri sogni o soltanto godere dell’amore della persona amata. Non
c’è una nota sprecata in queste dieci canzoni, non un momento in cui
l’intensità lasci spazio alla routine o in cui il musicista di Jackson,
Mississippi non mostri cuore e anima, spogliandosi di ogni barriera tra lui e
l’ascoltatore. La qualità eccellente di questi brani è anche opera dei partners
che hanno affiancato Jason nel creare emozioni pure, da Josh Grider ad Adam
Hood, da Larry Hooper a Jamie Wilson ma lo stato di grazia compositivo di Jason
Eady è veramente notevole. Dall’iniziale “Barabbas”, storia della voglia di
approfittare di una seconda possibilità di un colpevole rilasciato al posto di
un innocente in una metafora facilmente apprezzabile all’amara “No Genie In
This Bottle” in cui appare come ospite Vince Gill alle armonie vocali, dalla
pioggia che lava via tutti i problemi e i pensieri negativi di “Rain” alla
profonda amicizia e rispetto del compagno di lavoro di “Black Jesus”, è tutto
un susseguirsi di momenti coinvolgenti e appassionanti, così come “Drive”, “Why
I Left Atlanta”, “40 Years” e “Waiting To Shine”, tra le migliori di un
‘songbook’ tutto da riscoprire. Disco che si pone come una delle cose più
importanti ed emozionanti di quest’anno musicale.
Remo Ricaldone
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