2007:
l’esordio con “Bossier City”, tre anni dopo nel 2010 “Diamonds & Gasoline”
seguito nel 2012 da “Goodbye Normal Street”,
nel 2015 dall’omonimo “Turnpike Troubadours” e ora da “A Long Way From
Your Heart”. In dieci anni la band di Tahlequah, Oklahoma ha bruciato le tappe
per presentarsi come una delle più vibranti, brillanti e toste band tra country
e rock della scena americana. Il leader Evan Felker è ormai da considerare un
artista dalle straordinarie doti compositive e dalla carismatica presenza alla
guida di un sestetto dalla vitalità veramente travolgente con le chitarre
elettriche di Ryan Engleman a graffiare e a portare talvolta su sentieri
‘southern rock’, il fiddle di Kyle Nix ad imperversare e a caratterizzare un
suono sempre pregnante e godibile, la sezione ritmica con il bassista RC
Edwards e il batterista Gabriel Pearson solida come non mai e la pedal steel e
il dobro di Hank Early a spostare stabilmente il sound verso le radici
interpretate con reverenza ma anche con la voglia di personalizzarle e renderle
contemporanee. Tutto questo e molto altro sono i Turnpike Troubadours il cui
nuovo “A Long Way From Your Heart” conferma una qualità, per chi li conosce e
li apprezza, mai in discussione e la cui attesa è ampiamente ripagata da undici
momenti di grande fascino e bellezza. A me ricordano in molti momenti un’altra
band con cui condividono lo scettro di miglior band roots attualmente negli
States, gli Old Crow Medicine Show di Ketch Secor, questi ultimi maggiormente
acustici ma con la tendenza sempre ad unire country, folk e bluegrass ad una
attitudine al rock della migliore tradizione, con tanta attenzione alla melodia
e performance sempre ispirate e accorate. Bastano pochissime note della
introduttiva “The Housefire” con armonica e fiddle all’unisono a
un’interpretazione sopraffina per rendersi conto dello stato di forma dei
Troubadours in un midtempo che subito rimane nel cuore. “Something To Hold On
To” non lascia tregua e coinvolge con un’altra splendida melodia ed un suono più
robusto e ‘southern’ con chitarre elettriche e fiddle a rincorrersi ed
intrecciarsi, mentre la successiva “The Winding Stair Mountain Blues” ha radici
tra country e bluegrass, inflessioni quasi ‘irish’ e un piglio frizzante e
trascinante con ancora il fiddle di Kyle Nix a farla da padrone e Evan Felker
al banjo. “Unrung” è più acustica e rilassata, coinvolgente e maggiormente
cantautorale, “A Tornado Warning” ha un riff di fiddle che mi ricorda i
migliori Waterboys e un altro momento da ricordare per gusto e passione, “Pay
No Rent” è ballata sontuosa, tra gli ‘highlights’ del disco (impresa non facile
trovare la canzone migliore). Proseguendo nell’ascolto “The Hard Way” ha ritmo
e una melodia dall’impianto solido, un
lavoro di pedal steel che si dipana per tutto il brano in modo affascinante,
“Old Time Feeling (Like Before)” è già dal titolo esplicativa, nostalgica e un
po’ malinconica con un ottimo dobro, “Pipe Bomb Dream” ha sfumature quasi
western, chitarre ‘twangy’ e l’immancabile accoppiata pedal steel e fiddle a
cucire il tutto, “Oklahoma Stars” è inevitabilmente l’atto d’amore di Felker e
soci verso il proprio Stato natale in un’altra ballata condotta in maniera
magistrale. A chiudere il tutto c’è invece “Sunday Morning Paper” con tutto il
suo bagaglio di classe e di grande country music. Tra i dischi dell’anno.
Punto.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento