David
Massey suona con regolarità nelle coffehouses e nei bar dell’area di
Washington, DC ormai da anni con una serie di musicisti che gli hanno permesso di
‘esplorare’ vari aspetti della musica delle radici, dalla country music al
folk, dal bluegrass a certo rock intriso di umori ‘swamp’ e sudisti in genere. Su
disco le cose non cambiano e i sidemen che lo accompagnano sono gli stessi che
salgono con lui sul palco, dando vita ad un sound essenzialmente acustico,
vibrante e pregevolissimo. Gli ultimi quattro lavori discografici di David
Massey, compresi in un lasso di tempo di quattordici anni, danno l’esatta
percezione delle molteplici qualità del nostro, dallo stile asciutto ed intenso
al modo sempre affascinante di coniugare testo e musica, modellando creature in
cui convivono cenni autobiografici e metafore universalmente intriganti. “Late
Winter Light” si avvale della produzione del fido Jim Robeson (con lui anche al
basso), un personaggio che ben conosce David Massey e che sa come assecondarlo
fornendogli ogni dettaglio per sottolineare storie dal notevole ‘appeal’. Le
chitarre di Jay Byrd, le percussioni di Zan McLeod, i molti ‘cammeo’ che
impreziosiscono qua e la i brani (una pedal steel, una viola, una fisarmonica)
sono inseriti con sagacia in un insieme che risulta apprezzabilissimo e
decisamente consigliato. Da “Just Remain” a “Same Old (New) Song” sono ‘solo’
nove brani per poco più di trentacinque minuti: non moltissimo ma ogni nota è
meditata e studiata per far ‘vivere’ queste storie. “Rio Lagarto”, “Just
Another Day”, “Blend Into Blue” sanno come cercare e trovare un posto nel cuore
degli appassionati di cantautorato roots, di quello più vero e genuino. Un
piccolo/grande disco che regalerà bei momenti a chi gli darà fiducia. E spero
siano in tanti a farlo.
Remo Ricaldone
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