Michael
Veitch è un cantautore profondamente legato a quella generazione che
soprattutto negli anni sessanta definì le coordinate di un suono legato si alla
tradizione ma reso contemporaneo dalle tematiche e dall’approccio vibrante ed
intenso. Attualmente risiede a Woodstock, New York State, luogo di grande
ispirazione per musicisti di diverse estrazioni e che garantisce una serenità e
una tranquillità tali da mettere nelle migliori condizioni per esprimere la
propria personalità. E Michael Veitch lo fa pienamente in questo suo “Best Of
Many Days”, tra dischi più significativi di una produzione importante e di una
carriera che lo ha visto esibirsi nei migliori festival americani dedicati alla
canzone d’autore, da Kerrville in Texas a quello storico di Newport nel Rhode
Island. Tra folk e country, prendendo spunto da fatti della cronaca
contemporanea ma non disdegnando considerazioni personali ed intime, Michael
Veitch mostra qualità limpide sia per quanto riguarda le linee melodiche che
per uno stile pulito che spesso omaggia alcune figure che hanno influenzato la
sua forma estetica, come la bellissima “One Step Beyond” che è una sorta di
tributo al mentore Jack Hardy. A nobilitare questa scaletta comunque fortemente
espressiva e coesa ci sono l’iniziale ‘title-track’ “Best Of Many Days” ricca
di emozioni, “Edge Of This Town” con armonica e steel ad accrescerne il pathos
per uno dei momenti da ricordare, “Shame Shame Shame” con il suo grido di
dolore e condanna nei confronti dei troppi massacri perpetrati nelle scuole
americane (e non solo), “Last Mile” ancora con la steel di Rob Stein che colora
una melodia importante, “Pontiac” ballata che affonda le proprie radici nella
più bella provincia americana e l’accoppiata “Try, Try, Try” e “The Lucky Ones”
a ricollegarsi con personaggi come Tom Rush e certo James Taylor. “Best Of Many
Days” è l’occasione giusta per conoscere uno storyteller dalle doti
cristalline.
Remo Ricaldone
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