“Springtime
In The Heart” segna il ritorno, a cinque anni di distanza dal precedente album,
del musicista australiano Heath Cullen, uno dei più interessanti performers di
quelle terre, uno con gli agganci giusti ma che purtroppo non gli hanno
permesso di imporsi come meriterebbe. Infatti se il suo disco di cinque anni fa
intitolato “Outsiders” lo vedeva in compagnia di Elvis Costello e dei suoi
Imposters, questo lo pone ai vertici della sua ispirazione anche grazie alla
produzione impeccabile di Joe Henry e dell’apporto prezioso di un serie di
incredibili sidemen americani come Jay Bellerose ai temburi, Jennifer Condos al
basso, Adam Levy alle chitarre, Patrick Warren alle tastiere e ai fiati Levon
Henry, figlio di Joe. Buona parte del repertorio è firmato dallo stesso Heath
Cullen, tranne l’intensa e roca “Song That I Know” scritta a quattro mani con
Joe Henry dal quale prende una forte ispirazione e “Kill Switch” di T Bone
Burnett che chiude nel migliore dei modi la selezione con grande poesia e
coinvolgimento. Le canzoni di Heath Cullen sono pregne di profondità poetica e
di peso letterario, a formare atmosfere sognanti, sofferte e struggenti,
interpretate con maestria da una band che non fa che sottolineare la bellezza
delle melodie. A volte ci si avvicina alle sonorità di certi album di Tom
Waits, in altre c’è tutto il tormento ma anche l’incanto dei dischi di Joe
Henry, rimarcando sempre e comunque un talento notevolissimo. “Things Are
Looking Up” ne è uno degli esempi più fulgidi, la più azzeccata introduzione ad
una selezione che aumenta il proprio fascino ad ogni ascolto, “The Song Always
Remembers” è canzone d’autore nella sua forma più alta, degna del più
importante cantautorato americano con le sue ‘nuances’ tra folk e country
mentre “Cowboy Truths (For Sam Shepard)” è un accorato tributo ad una delle
figure guida della letteratura e del cinema d’oltreoceano. “Hurry My Heart” è
delicata e poetica e inevitabilmente rimanda agli ultimi lavori di Joe Henry,
in bilico tra i generi e dove in ogni nota si percepisce passione e intensità e
a piene mani, “The Shape Of Your Name” è perfettamente posizionata tra Leonard
Cohen e ancora Tom Waits, quello di “Rain Dogs” e di “Mule Variations” e per
citare un altro titolo “Home” racchiude tutta la musicalità di un eccellente
nome della nostra musica: Heath Cullen.
Remo Ricaldone
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