09:53

Heath Cullen - Springtime In The Heart

Pubblicato da Remo Ricaldone |

“Springtime In The Heart” segna il ritorno, a cinque anni di distanza dal precedente album, del musicista australiano Heath Cullen, uno dei più interessanti performers di quelle terre, uno con gli agganci giusti ma che purtroppo non gli hanno permesso di imporsi come meriterebbe. Infatti se il suo disco di cinque anni fa intitolato “Outsiders” lo vedeva in compagnia di Elvis Costello e dei suoi Imposters, questo lo pone ai vertici della sua ispirazione anche grazie alla produzione impeccabile di Joe Henry e dell’apporto prezioso di un serie di incredibili sidemen americani come Jay Bellerose ai temburi, Jennifer Condos al basso, Adam Levy alle chitarre, Patrick Warren alle tastiere e ai fiati Levon Henry, figlio di Joe. Buona parte del repertorio è firmato dallo stesso Heath Cullen, tranne l’intensa e roca “Song That I Know” scritta a quattro mani con Joe Henry dal quale prende una forte ispirazione e “Kill Switch” di T Bone Burnett che chiude nel migliore dei modi la selezione con grande poesia e coinvolgimento. Le canzoni di Heath Cullen sono pregne di profondità poetica e di peso letterario, a formare atmosfere sognanti, sofferte e struggenti, interpretate con maestria da una band che non fa che sottolineare la bellezza delle melodie. A volte ci si avvicina alle sonorità di certi album di Tom Waits, in altre c’è tutto il tormento ma anche l’incanto dei dischi di Joe Henry, rimarcando sempre e comunque un talento notevolissimo. “Things Are Looking Up” ne è uno degli esempi più fulgidi, la più azzeccata introduzione ad una selezione che aumenta il proprio fascino ad ogni ascolto, “The Song Always Remembers” è canzone d’autore nella sua forma più alta, degna del più importante cantautorato americano con le sue ‘nuances’ tra folk e country mentre “Cowboy Truths (For Sam Shepard)” è un accorato tributo ad una delle figure guida della letteratura e del cinema d’oltreoceano. “Hurry My Heart” è delicata e poetica e inevitabilmente rimanda agli ultimi lavori di Joe Henry, in bilico tra i generi e dove in ogni nota si percepisce passione e intensità e a piene mani, “The Shape Of Your Name” è perfettamente posizionata tra Leonard Cohen e ancora Tom Waits, quello di “Rain Dogs” e di “Mule Variations” e per citare un altro titolo “Home” racchiude tutta la musicalità di un eccellente nome della nostra musica: Heath Cullen.

Remo Ricaldone

0 commenti:

Posta un commento

Iscriviti alla newsletter