Questo
di Kate Klim, brava pianista, cantante ed autrice residente a (East) Nashville
è un disco in cui le melodie sono il giusto contrappunto alla voglia di
riemergere dopo un lungo periodo contrassegnato da pandemie, catastrofi
naturali (leggi il devastante tornado che un paio di anni fa ha colpito proprio
Nashville) e problemi personali. Per sua fortuna Kate Klim in quei giorni era a
Dallas, Texas proprio a registrare “Something Green” che è diventato alla luce
di tutti questi fatti un percorso catartico di speranza, amore e cambiamento.
L’album scorre in maniera naturale
partendo dalla title-track, inevitabilmente, il manifesto e la dichiarazione di
intenti interpretata in maniera deliziosa, guida di un album che si snoda in un
susseguirsi di melodie poetiche, intense ed accattivanti. I rapporti
interpersonali narrati in queste canzoni, concepite al piano e poi ‘rivestite’
con intelligenza e bravura dal produttore Andrew Delaney, danno l’esatta misura
della grande umanità di Kate Klim e della sua capacità di regalare emozioni
semplici e proprio per questo dirette al cuore. Difficile estrapolare da un
così coeso intreccio di sensazioni un brano preferito, un momento che si eleva
più di un altro. L’ascolto è così piacevole che l’album si apprezza con estrema
facilità, con la voglia di riprenderlo dall’inizio per cercare magari quel
particolare, quella sfumatura sfuggiti. “Take The Driving”, “Songbird”,
naturalmente la title-track “Something Green” e “Highland Park” possono comunque
essere l’ideale porta di ingresso al mondo musicale di Kate Klim.
Remo Ricaldone
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