I
Shovelin Stone sono un quartetto con base in Colorado (ma con il cuore che
guarda verso il Lone Star State) il cui country-folk è espresso in modo
personale e notevolmente variegato, basato sulle capacità compositive di Makenzie
Willox, voce solista, chitarre e armonica e Zak Thrall, banjo, chitarre ed
armonizzazioni vocali a cui si sono uniti Russick Smith a basso, mandolino e
cello e Brett Throgmorton alla batteria. Pe il loro secondo album si sono
trasferiti nel profondo isolamento degli Appalachi con il produttore Chance
McCoy (già con gli Old Crow Medicine Show) dando vita ad un suono dinamico e
brillante con attitudini ‘jam-grass’ un po’ a la Railroad Earth (esplicativa in
questo senso è l’iniziale title-track “Summer Honey”), toni ‘southern’
mantenendo una base acustica anche quando le canzoni mostrano quanto il rock
sia nel loro dna e quel senso di libertà espressiva, gioia e ironia sparse nel
corso di un disco godibile dall’inizio alla fine. Molti sono i momenti che
rimangono nel cuore come il folk (filtrato neturalmente da una visione
personale) di “Note To Self” con gustosi accostamenti di banjo e armonica e la
turgida melodia di “Won’t You Tell Me”. Anche nella seconda parte del disco si
prosegue con suoni acustici e ballate irrobustite da una buona sezione ritmica
e da sottolineare ci sono “WingSong”, la poesia bucolica di “Love Me Too”
sempre con il banjo in primo piano ed il cello a rafforzare la melodia, “Here’s
To Jesus” ancora vicina ai Railroad Earth e alle altre band che partono dal
bluegrass per ampliare i propri orizzonti sonori e la frizzante e vivace “No
Good At Waiting”. I Shovelin Stone meritano ampiamente di essere conosciuti ed
aggiunti nella collezione di coloro che amano i suoni acustici della tradizione
interpretati con lo spirito privo di preconcetti e di convenzioni e questo loro
“Summer Honey” è proprio l’occasione giusta per farlo.
Remo Ricaldone
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