Nato
nell’Iowa ma da parecchio tempo residente a Minneapolis, Minnesota, Doug
Collins è una delle migliori proposte delle Twin Cities in ambito roots con un
contagioso e divertente ‘country’n’roll’ dove non mancano riferimenti melodici
ai Beatles, fin da piccolo miti del nostro. Dal 2018 Doug Collins ha chiamato a
collaborare il suo vecchio pard Charley Varley al basso, Billy Dankert ha preso
posto dietro ai tamburi e Randy Broughton, eccellente pedal steel player, ha
completato i Receptionists, solida e compatta band di accompagnamento. Con
questa line-up è stato registrato anche questo “Too Late At Night”, disco che
mette a fuoco le doti melodiche di Doug Collins e la sua freschezza ed
intelligenza nel variare i temi, presentando così un lavoro più che godibile
aperto da una classica “Drinkin’ Again” alla quale è posta una notevole ballata
come “Stay The Same”, primo vero gioiellino dell’album. “Mexico MO” riprende le
atmosfere del border care ai Calexico, “Mama’s Shoes” riporta ad una country
music brillante in cui fa la parte del leone la pedal steel, costante presenza
nel corso di una selezione si artigianale nella costruzione ma sempre credibile
e soprattutto molto, molto piacevole. “Wish I Still Cared” si avvicina alla
scuola country di Bakersfield con un ritmo cadenzato e limpido, “One Thing In
Common” è un country-waltz ancora una volta interpretato con stile, senza
spostarsi dalla tradizione ma proponendola con trasporto, “Sunday Afternoon”
incrocia country music e fascinazioni legate alla ‘british invasion’, con il
suo coinvolgente sapore pop, così come in “Dixon” dove non mancano i
riferimenti ‘beatlesiani’. A chiudere un disco breve nei suoi poco più di
trenta minuti, ma forse proprio per questo scorrevole e fluido, “Three Waves” e
la sua country music dalle venature ‘sixties’ e “Hardest Part”, intenso brano
acustico tra i più affascinanti della selezione. Perfetto congedo per una
nuova, bella conferma del talento di Doug Collins e soci.
Remo Ricaldone
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