Dietro
al nome New American Farmers ci sono Paul Michael Knowles e Nicole Storto, per
una decina di anni anima e corpo dei Mars, Arizona, alt-country band con
all’attivo una manciata di dischi e una buona, anche se locale, fama nei
circuiti indipendenti americani. Il cambio di nome coincide con l’uscita di
questo “Brand New Day”, inciso a Berkeley, California, un lavoro fresco e
vitale in cui rivive l’amata ‘cosmic Americana’, un suono dove country music e
suggestioni sixties si miscelano con passione e sentimento. Pedal steel a
profusione, quasi come Sneeky Pete Kleinow o Buddy Cage fossero ancora
protagonisti, un songwriting che omaggia gente come Gram Parsons o i Son Volt,
un approccio decisamente positivo. “Everywhere” che si giova del banjo di Gene
Parsons, la vivida title-track, la sognante “Sad Hotel”, la quasi byrdsiana
“Don’t Wait For Me Here” dalle armonie vocali pregevoli e con la tromba di Ara
Anderson della band di Tom Waits a ricreare certe atmosfere care ai Calexico,
queste sono le prime canzoni che ci introducono ad un disco al tempo stesso
nostalgico e profetico, in bilico tra passato e presente. “Can’t Get It Out Of
My Head” è sorprendente, dal repertorio degli ELO e dai rimandi beatlesiani, “Faking
The Divine” è acustica e ancora vicina allo spirito di Roger McGuinn o ad un
Tom Petty leggero e ‘bucolico’, “Good And Sober” ha nei propri geni la country
music più tradizionale pur con un’aura contemporanea, “Open Arms” gioca ancora
tra acustico ed elettrico, tra tentazioni pop anni sessanta e le radici, “Hypocrite”
sposta il baricentro verso climi più rock, “How Do We Do It?” è più riflessiva
e pianistica e chiude di fatto un album piacevole, certamente non un capolavoro
ma che riserverà più di un momento da ricordare. La prima ‘uscita’ dei New
American Farmers è da considerare positiva. www.newamericanfarmers.org.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento