
Nato
a Brenham, Texas nel 1962, Darden Smith può vantare una carriera discografica
che supera il quarto di secolo, iniziata con il botto con uno splendido album
intitolato “Native Soil” nel 1986 in cui apparivano ospiti come Lyle Lovett e
Nanci Griffith e con una musicalità che lo accostava a Robert Earl Keen. Nel
corso degli anni Darden ha diversificato la sua proposta anche grazie alla
partnership con il cantautore inglese Boo Hewerdine, avvicinandosi a suoni meno
roots ma non meno intensi e appassionati. Naturalmente tra alti e bassi ha
continuato a sfornare dischi interessanti ed intelligenti ma questo suo esordio
per l’etichetta nashvilliana roots Compass Records lo riporta ai suoi livelli
migliori. Darden Smith ha sempre amato scrivere con altri suoi colleghi e “Love
Calling” non smentisce questa sua abitudine regalandoci alcuni gioiellini come
l’iniziale splendida “Angel Flight”, composta a quattro mani con Radney Foster.
Proprio l’amicizia con il musicista di Del Rio, Texas è uno dei punti forti del
disco, con la bellissima “Mine Till Morning” su tutte e le emozionanti “Better
Now” e “Favorite Way”. “Reason To Live” è scritta con Jack Ingram, “Seven Wonders”
con Harley Allen mentre tra le canzoni composte ‘in solitaria’ meritano una
menzione la cristallina “Medicine Wheel” e “Baltimore”, due tra le sue più
belle creature. Due brani live arricchiscono poi la versione deluxe, una
sorprendente “I Say A Little Prayer”
dall’amplissimo songbook di Burt Bacharach e una rilettura acustica della
canzone che dà il titolo all’album superiore all’originale e vicina come
spirito a un songwriter come Bruce Cockburn. Azzeccata la produzione della
coppia Jon Randall Stewart e Gary Paczosa, eccellente il contributo di alcuni
‘Nashville cats’ come Dan Dugmore alla pedal steel, John Jarvis alle tastiere,
Byron House al basso, Pat Bergeson alle chitarre e i contrappunti vocali
affidate alla brava Jessi Alexander, Shawn Colvin e allo stesso Radney Foster.
Remo Ricaldone
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