
Trentanni,
emiliano, Fabio Gualerzi debutta con un disco omonimo che è il manifesto delle
sue passioni musicali, il rock americano in primis, proposto in salsa texana
mutuando la lezione delle ultime generazioni provenienti dal Lone Star State,
da Randy Rogers a Ryan Bingham. Dieci canzoni scritte dallo stesso Fabio che mostrano
grande coraggio e vitalità, unendo la lingua italiana, non certo adattissima
dal punto di vista metrico in un contesto simile, a una base veramente
convincente in cui rock e radici si incontrano, un po’ come anni fa fece John
Mellencamp nel suo “Lonesome Jubilee”. Le storie raccontate sono semplici e
immediate, e proprio per questo credibili, esperienze di vita con tutto il
proprio bagaglio di esperienze, di speranze e di delusioni. Musicalmente come
detto ci sono più di uno spunto da cui partire per una carriera interessante,
con la robusta ballata midtempo “La Stanza #43”, il tiro rock di “Il Giro Com
è”, la delicata “Credi Nel Destino”, la più cupa “Notte” con le chitarre
elettriche che sferzano l’aria, la più acustica “Noi” con un bell’arrangiamento
in cui si miscelano con sapienza armonica, banjo e chitarre, “La Voce Di Questo
Demone” dalla bella melodia incalzante e con azzeccati interventi di steel
guitar e la conclusiva “Il Suo Tempo” ancora la bella unione di chitarre
elettriche e violino, una spanna sopra tutte. Brani che sicuramente dal vivo
potranno essere ulteriormente rivitalizzate. In definitiva “Fabio Gualerzi” è
un lavoro che merita, proposto con un
entusiasmo che fa superare anche qualche piccola ingenuità e che, come detto,
può essere foriero di altre belle cose in futuro. Auguri Fabio!
Remo Ricaldone
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