
Cresciuto
nel Nebraska ma attualmente residente in California, Brad Colerick ha assorbito
i suoni del sudovest aggiungendo influenze country alla sua ispirata vena
cantautorale e proponendo con questo suo recente “Tucson” un lavoro
rimarchevole e assolutamente godibile. “Tucson” è stato per lui un viaggio
della mente in cui ha potuto esprimere e presentare i suoi sogni e le sue
speranze, affidandosi ad una bella serie di musicisti che hanno contribuito a
colorare un songbook di tutto rispetto. Charlie White e Steve Hanson in primis
sono i protagonisti di queste session con i loro strumenti a corda, chitarre,
pedal steel, banjo, mandolino, dobro, vere ‘guide’ di arrangiamenti sempre
eccellenti e poi Dave Roe (basso) e Ken Loggins (batteria) precisi e solidi
come sezione ritmica e le apparizioni come ospiti di April Verch al fiddle,
Herb Pedersen alle armonie vocali e Phil Parlapiano alle tastiere quali
ciliegine su una torta naturale e genuina, tutti musicisti dalle grandi doti e
dalla notevole sensibilità. La title-track apre con una slide che ricorda le
atmosfere desertiche di Ry Cooder in “Paris, Texas” per poi subito aprirsi ad
una melodia tra le più belle del disco, “Blue Horizon” ha nel banjo che la
caratterizza il suo punto di forza, “”This Is What I Do (Mighty Keeper)” è una delle melodie più
intriganti per una ballata che rimane scolpita nella memoria, “Late Winter
Snow” è riflessiva e accorata, “Brakeman’s Door” è pimpante con il suo
‘bluegrass feel’, interpretata con forza e orgoglio, “Tragedy” è più amara ma
ancora profonda e sentita mentre la chiusura è affidata a “Roll On”, tra
country e ‘americana’, un altro gioiellino. Questi sono secondo me i punti di
forza di un disco che scorre molto bene, mai banale, decisamente un lavoro
riuscito per un artista talentuoso.
www.bradcolerick.com.
Remo Ricaldone
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