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Hollis Brown - 3 Shots

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Sono passati solo pochi anni, ma dal già ottimo debutto omonimo del 2009 i newyorchesi Hollis Brown ne hanno fatta di strada. Se il secondo “Ride On The Train” aveva confermato la band come una delle più interessanti nuove band roots rock in terra americana, il seguente “Gets Loaded” aveva spiazzato tutti per la rilettura appassionata ed intelligente di un vero classico del rock quale “Loaded” dei Velvet Underground e ora “3 Shots” mischia ancora le carte in tavola con un’ulteriore iniezione di entusiasmo e freschezza ponendosi sulla strada già aperta da gente come Tom Petty & The Heartbreakers, Jayhawks e Whiskeytown. Se l’inserimento di due nuovi musicisti come il batterista Andrew Zehnal e soprattutto il tastierista Adam Bock ha sortito l’effetto di un parziale cambio di rotta, la leadership è salda nelle mani di Mike Montali e Jonathan Bonilla, due solidissimi chitarristi con il primo a fungere da voce solista e da ‘continuatore’ della tradizione di un combo che mantiene alto l’amore per le radici rock pur presentando queste nuove canzoni con l’appeal delle influenze dei nomi citati precedentemente, mentre a completare la line-up c’è il bassista Dillon DeVito con il suo stile compatto e massiccio. Già il trittico iniziale che comprende “Cathedral”, la title-track “3 Shots” e “John Wayne” è un biglietto da visita efficacissimo e degno di nota, con “Rain Dance” figlia dei ritmi sincopati e riconoscibili di Bob Diddley e “Sandy” dal piglio quasi rhythm’n’ blues con tanto di fiati a rendere ulteriormente varia la proposta. “Sweet Tooth” è tra le più godibili e ripercorre le tracce del Tom Petty più incline a subire il fascino del pop anni sessanta, “Death Of An Actress” è una ballata che si apre con il piano di Adam Bock e le atmosfere sono qui più ‘beatlesiane’ mentre Nikki Lane, tra le cantanti emergenti più interessanti degli ultimi tempi, duetta in una pimpante “Highway 1”. “Wait For Me Virginia” è una ballata sontuosa, tra le cose più belle del disco, elettro-acustica, preziosamente vicina come ispirazione agli Stones più americani, quelli di “Exile On Main Street” “Let It Bleed” o “Sticky Fingers”, l’ispanica “Mi Amor” con eccellenti intrecci di chitarre acustiche e la conclusiva, classica “The Ballad Of Mr. Rose”, ballata molto anni settanta (a me ricorda i quasi dimenticati Matthew Southern Comfort) con lievi inflessioni country. Hollis Brown si pongono così tra le migliori nuove leve americane, tra le più melodicamente interessanti.

Remo Ricaldone

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