Sei
anni sono veramente tanti nel cosiddetto ‘music business’, tanti sono gli anni
passati dal precedente disco di Pat Green (se si esclude il secondo capitolo
delle cover incise con Cory Morrow, “Songs We Wish We’d Written” del 2012) e il
suo ritorno con nuove composizioni ci ripresenta un musicista che non ha perso
lo smalto, la freschezza, la genuinità degli esordi. “Home” è un disco
lungamente meditato, un insieme di canzoni dal taglio personale e intimo, un
lavoro ricco di ballate e midtempo che si ricorderanno a lungo, a partire dallo
straordinario duetto con Lyle Lovett in “Girls From Texas” contraddistinto da
una classe enorme e dalla consueta e godibile ironia. “While I Was Away” è un
altro momento topico del disco, una ballata
interpretata con il cuore, nostalgica, carica di pathos, “May The Good
Times Never End” è frizzante e trascinante e vede ospite a voce ed armonica
Delbert McClinton, suo grande conterraneo texano e la slide guitar di Lee Roy Parnell in un brano che sprizza gioia da tutti i pori, “Home” è ancora melodia
indovinata e limpida, classicamente ‘patgreeniana’, “Life Good As It Can Be” è
ariosa e deliziosamente ‘radio friendly’, in “Right Now” Pat duetta con Sheryl
Crow in una canzone composta a quattro mani con Chris Stapleton, “No One Here
But Us” emoziona per intensità e coinvolgimento, a conferma dell’ottimo stato di
forma sia dal punto di vista compositivo che da quello interpretativo. “Day
One” ha di nuovo il sapore della country music texana e un po’ anche di certe
composizioni di grandi (classic) rockers a cui
stato spesso accostato, da Bob Seger a John Mellencamp a Bruce
Springsteen mentre la conclusiva “Good Night In New Orleans” a cui partecipa
Marc Broussard inizia in maniera discorsiva e lenta per poi trasformarsi via
via in un cajun country-rock assolutamente gustoso e pimpante. Tra le cose più
belle di Pat Green. “Home” si conferma quindi uno dei capitoli più riusciti
della carriera del texano anche grazie alla produzione a tre di Jon Randall,
Justin Pollard e Gary Paczosa e alla presenza, oltre agli ospiti citati, di Brendon
Anthony e Stuart Duncan ai violini, Dan Dugmore alla pedal steel guitar e
Michael Ramos alle tastiere. Caldamente consigliato.
Remo Ricaldone
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