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Joe Ely - Panhandle Rambler

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Un nuovo disco di Joe Ely è sempre un avvenimento per gli appassionati di Musica, un appuntamento che negli ultimi anni si è diradato (questo arriva a quattro anni dal precedente) ma che soddisfa sempre in pieno per intensità, poesia e purezza interpretativa. “Panhandle Rambler” può giustamente essere considerato uno dei migliori della sua gloriosa discografia, un capitolo in cui sono condensate tutte le emozioni a cui ci ha abituato nel corso degli anni, country music, tex-mex, rock, spruzzate ‘spanish’ grazie alla presenza di una serie di amici che anche qui rendono preziose ed indimenticabili le canzoni. La chitarra flamenco di Teye (che apre, stupefacente, l’album con “Wounded Creek”), la fisarmonica e le tastiere di Joel Guzman, la slide di Lloyd Maines, la steel di Jim Hoke, le straordinarie chitarre acustiche ed elettriche di Kenny Vaughn, Rob Gjersoe, Gary Nicholson e Jeff Plankenhorn, il magistrale fiddle di Warren Hood e una sezione ritmica che vede alternarsi gente come Davis Mclarty, Glenn Fukunaga e Dave Roe tra gli altri, tutto concorre a rendere speciale questo album e a farcelo apprezzare nella sua semplicità e nella sua profondità. Joe è in grande forma compositiva e lo conferma pienamente con veri gioielli come “Here’s To The Weary”, “You Saved Me”, “Coyotes Are Howlin’”, “Southern Eyes”, “Burden Your Load” e “Wonderin’ Where”, solo per citare alcuni degli episodi che compongono “Panhandle Rambler”, senza dimenticare di ‘citare’ l’amico di tante avventure Butch Hancock di cui riprende “When The Nights Are Cold” e Guy Clark, autore di una splendida “Magdalene”. La formula che contraddistingue la proposta di Joe Ely è nel corso degli anni rimasta identica, quello che è maturato è il suo storytelling, la sua poetica ormai assurta al rango di classico per quanto riguarda la musica americana delle radici, il suo rapportarsi alla terra che gli ha dato i natali e che continua ad essere una straordinaria fonte di ispirazione con i suoi panorami aspri e duri ma ricchi di inevitabile fascino. La produzione, nelle mani ormai stabili di Joe Ely che controlla pienamente ogni livello nella costruzione dei suoi dischi, è veramente esente da pecche, prevalentemente acustica come impianto ma ricca di colori, di profumi, di sfumature che la rendono così variegata da essere in ogni momento godibile e scorrevole. Un disco questo che merita di essere annoverato tra le cose migliori uscite da quelle fertili terre da parecchi anni a questa parte.
Remo Ricaldone

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