Nati
a Chicago, Illinois ormai più di ventanni fa, i Waco Brothers hanno
rappresentato l’alternative country più viscerale e ‘rockistico’, imparentato
sia con lo spirito punk che con la tradizione, giocato spesso e volentieri su
ritmi frenetici e travolgenti. La voce e la chitarra di Jon Langford sono in prima
fila in questa proposta vitale, solida e spontanea, coadiuvate da una sezione
ritmica indiavolata formata da Joe Camarillo alla batteria (già con i NRBQ) e
da Alan Doughty al basso e rafforzate dal chitarrista Dean Schlabowske e dal
mandolinista Tracey Dear. Da parecchi anni non facevano un disco nuovo in
studio (anche se per la verità l’album in questione è stato registrato
praticamente live, buona la prima), le ultime apparizioni discografiche i Waco
Brothers le avevano fatte con un disco ‘on stage’ e uno come ‘back up band’ per
Paul Burch nel 2012. “Going Down In History” ce li riconsegna con l’intatta
forza e grinta degli esordi, con un buon bagaglio di canzoni e l’amore
incontaminato per il rock’n’roll grezzo e battagliero dei Clash unito a quello per
il retaggio country, inevitabilmente distante mille miglia da ogni tipo di
‘mainstream’. Disco passionale e godibile questo, a partire dall’inizio di
“DIYBYOB”, acronimo per ‘Do It Yourself Bring Your Own Beer’ vero manifesto di
intenti per una band cresciuta nelle barrooms e nei piccoli e fumosi locali
della Windy City, fino alla conclusione affidata a “Orphan Song” firmata da Jon
Dee Graham. In mezzo ci sono pochi momenti per tirare il fiato, sempre sul filo
del rasoio di un rockin’ country che dal vivo deve essere veramente impetuoso e
vorticoso. “We Know It”, “Receiver”, “All Or Nothing”, “Had Enough” e “Devil’s
Day” contribuiscono fattivamente a formare un ‘body of work’ roccioso che li
pone come una delle band migliori in quel territorio turbolento e ondivago che
è l’alternative country americano.
Remo Ricaldone
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