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Robbie Fulks - Upland Stories

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Robbie Fulks è un artista poliedrico che si è sempre mosso tra l’alternative country e la tradizione cantautorale legata al folk, strettamente ispirato a trame roots sia quando si esprime in chiave acustica sia quando la sua musica si fa più elettrica e robusta. Nato in Pennsylvania ma cresciuto principalmente nel North Carolina, si è fatto le ossa prima a New York dove ha ‘battuto’ storici locali folk come il Gerde’s Folk City nel Village e poi, dai primi anni ottanta a Chicago, sua attuale residenza e seconda casa. Una dozzina di album all’attivo e una notevole messe di progetti ai quali ha collaborato o che ha curato direttamente sono il background di un talento vero, di un personaggio sempre propositivo e brillante. “Upland Stories” lo vede nella veste di troubadour legato al folk e al country più vicino alle radici, una delle migliori collezioni di brani che abbia mai confezionato. Voce splendidamente melodiosa, calda, dal fraseggio perfetto, stile melodicamente sempre rilevante e penna solida e mai banale: queste sono le caratteristiche che qui appaiono nitide e fresche. Dall’iniziale “Alabama At Night”, tra gli highlights dell’album, alla deliziosa “Baby Rocked Her Dolly” dalle tinte quasi appalachiane, dal country blues rilassato e caldo di “Sarah Jane” con un pickin’ che mi ricorda il miglior Dave Van Ronk (quello che ha ispirato “A Proposito Di Davis” dei fratelli Coen) alla fascinosa melodia old time di “Aunt Peg’s New Old Man”, tutto scorre in modo naturale e dannatamente piacevole. Efficaci sono ancora, per citare qualche titolo, “South Bend Soldiers On” notevole nella sua discrezione e nell’approccio accorato e poetico, “America Is A Hard Religion” in cui banjo e fiddle accompagnano una melodia chiaramente ‘old timey’, la sognante e quasi onirica “A Miracle”, le venature ‘southern di “Sweet As Sweet Comes” caratterizzata da un piano elettrico molto soul, la magnifica “Katy Kay” ancora pregna di bluegrass e tradizione country e “Fare Thee Well, Carolina Gals” che impeccabilmente chiude un disco al cui interno albergano tanti motivi per essere acquistato. Consigliato caldamente e sicuramente tra i miei dischi preferiti dell’anno.
Remo Ricaldone

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