16:45

Michael McDermott - Willow Springs

Pubblicato da Remo Ricaldone |


Il ritorno in grande alla musica di Michael McDermott era stato sancito anche dal recente disco con la sua band The Westies di cui ci siamo già occupati su queste ‘pagine’ ma un suo lavoro solista a così breve distanza e con così tanta qualità sinceramente non ce lo aspettavamo. “Willow Springs” è uno dei punti più alti della poetica del musicista di Chicago, un disco ancora più apprezzabile grazie alla ormai consueta etichetta italiana Appaloosa che ci presenta i testi sia in inglese sia in italiano, modo per penetrare meglio temi e situazioni spesso amari, disperati e intensamente tragici pur con una forza interiore che non può non far pensare ad una grande voglia di riscatto. Bob Dylan e Bruce Springsteen (e tutti i loro ‘epigoni’) sono punti di riferimento imprescindibili, sin dalla splendida title-track che apre con calore e ispirazione. Qui e per molti momenti dell’album è notevole l’apporto vocale, al fiddle e umano di Heather Horton, mentre le chitarre di Lex Price e di Will Kimbrough e le tastiere di John Deaderick danno il giusto contributo di talento unito a estremo gusto. “Willow Springs” è un lavoro solido e stimolante in cui Michael McDermott scrive ed interpreta come mai in precedenza, con una maturità che spesso si pone una spanna sopra il bellissimo esordio di inizio anni novanta. E’ così puro godimento apprezzare le sue nuove creature, incastonate tra rock e radici, arrangiate con cura e dovizia di particolari dallo stesso McDermott, dalla springsteeniana “Getaway Car” che sembra veramente una ‘outtake’ di “Darkness On The Edge Of Town” o di “The River” alla coinvolgente “Butterfly”, storia d’amore e dipendenze. “Half Empty Kinda Guy” è spigliata e scorrevole con una bella armonica e lo spirito giusto di un grande troubadour, “One Minus One” ballata cantata con il cuore in mano, la magnifica “Folksinger”, “Let A Little Light In” che rimanda alle connessioni tra rock e soul del primissimo Springsteen, quello di “The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle” e le tre splendide ballate che chiudono l’album, molto diverse tra loro ma con lo stesso inimitabile pathos, impreziosiscono e nobilitano un disco che cresce ascolto dopo ascolto, un disco da cui è difficile staccarsi.
Remo Ricaldone


0 commenti:

Posta un commento

Iscriviti alla newsletter