Abbandonata
la corte di Ryan Bingham attorno al 2010, Elijah Ford, figlio dell’ex Black
Crowes Marc Ford, ha finalmente dedicato tutto se stesso ad una carriera
solista che ha fruttato un album nel 2011, un ep l’anno seguente e questo “As
You Were”, perfetta istantanea di quello che attualmente propone con la sua
touring band, The Bloom. Un robusto e variegato rock di stampo classico in cui
non mancano le citazioni roots, ricco di espressività e di passione, di un
retaggio familiare forte (non a caso
appaiono in queste session lo zio Chris Konte alle tastiere soprattutto e la
madre Kristen alle armonie vocali) e di un bel talento musicale. Nato in
California, Elijah si è trasferito ad Austin, Texas dove ora vive e dove negli
studi di registrazione Arlyn ha inciso dieci ottime canzoni che
compongono questo “As You Were”. Non mancano poi le inflessioni pop (nella più
nobile tradizione americana), quelle che rendono ancora più godibili certe
canzoni e conferiscono loro quella freschezza rendendo giustizia ad una vena
compositiva di tutto rispetto. In questo senso “Try As You Might” e “The Way We
Were” sono sintomatiche del suo amore per Tom Petty & The Heartbreakers e
tutto il panorama rock degli anni settanta. Un inizio più che promettente. L’apertura
di organo di “Say The Words” sembra proprio strappata ai Doors con il suono
classico di Ray Manzarek in un contesto comunque diverso e ricco di passaggi
veramente pregevoli. “Blessed” è un altro momento da ricordare, un granitico ed
interessante brano con le chitarre elettriche sempre in primo piano e una
melodia che entra subito in testa, così come l’ottima “Black & Red”
sicuramente tra le mie preferite con la sua contagiosa vitalità ed energia.
“Hollow Years” si pone sulla falsariga dei precedenti, sempre potente, sempre
ispirata, “Daggers” è più acustica e vicina ai suoni country, “If Not Today” è
‘beatlesiana’ quanto basta e con le sue atmosfere sixties diversifica un po’ i suoni
e rende molto piacevole la successione dei brani. Per concludere Elijah Ford ha
scelto la lunga ed attendista “Relief” con ancora l’organo di Chris Konte
protagonista e con le chitarre di Stew Jackson taglienti come non mai e
“Faltering”, perfetta chiusura, piccolo gioiellino caratterizzato dalla pedal
steel di Ben Massey. Caldamente consigliato.
Remo Ricaldone
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