Quarto
disco per Pete Sinjin, nome nuovo su queste pagine ma decisamente un cantante
ed un autore che, mischiando folk e country, gioca le sue carte nel modo
migliore attraverso liriche di grande profondità e un senso della melodia che
sta tra Dylan, John Prine e Townes Van Zandt e le più genuine pagine
‘americana’ tra Son Volt e Jayhawks. “The Heart And The Compass”, parafrasando
e usando le sue parole, sono un tutt’uno di sensazioni, emozioni e quadretti di
vita disegnati e colorati con sapienza ed intelligenza, cuore e bussola
indirizzati verso una canzone d’autore impeccabile. “That’s My Heart” è il manifesto
delle intenzioni di Pete Sinjin, un cuore aperto verso l’ascoltatore, gonfio di
avvincente armonia e di passione per i suoni roots. “Radio Tears” vede l’angelica
voce di Michaela Anne duettare con Pete Sinjin in cui evoca ‘honky tonk angels’
con la presenza della affascinante steel di Rich Hinman, “Dirty Windshield” è
una ‘road song’ dai tratti suadenti ed intriganti con il violino di Dennis
Lichtman (bravo anche con il mandolino) e la solida sezione ritmica formata da
Jay Foote al basso e Tony Leone alla batteria (già con Shooter Jennings e Levon
Helm) a supportare la melodia, “Stolen Afternoon, 1951” è più riflessiva ed
interiore, più descrittiva. “Breathing The Same Air” riprende ritmo ed è subito
un suono tipicamente ‘alt-country’ che lo avvicina ai migliori Jayhawks, “Can’t
Be So” è ballata dai sapori ‘sudisti’ che attingono dal soul e dal country,
interpretata con il cuore, “Goodbye Knoxville” è tra le più brillanti e
divertenti dell’album, “Desperate Kind Of Love” è un altro duetto con Michaela
Anne, country song già sentita ma coinvolgente e attraente. “Last Stand And
Testament” è uno degli ‘highlights’ del disco, grande melodia, le chitarre di Rich Hinman e l’armonica di
Pete Sinjin che suggellano una performance solida come una roccia, “This Bed’s
Gonna Break Your Fall” ha, grazie al violino, il sapore della tradizione che a
me ricorda certe cose dei Waterboys di Mike Scott, a metà strada tra le due
sponde dell’Atlantico. “The Night That I Saw God” congeda Pete Sinjin con un ennesimo ottimo esempio di ‘americana’ di qualità, grinta e melodia in una
canzone che graffia e accarezza confermando la bontà del songbook di un nuovo
nome da seguire. Consigliato. www.petesinjin.com.
Remo Ricaldone
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