Jay
Farrar è senza ombra di dubbio una delle figure guida di certo alternative
country (termine che ha lui stesso contribuito a coniare con gli Uncle Tupelo)
e la creatura musicale che da anni ormai lo rappresenta ha sempre più fornito
le basi per capire quanto fondamentale sia questa sua visione, quanto
importante sia diventato il suo talento compositivo, quanto efficace sia la sua
voce, sofferta e riconoscibilissima. Se “Honky Tonk” era splendida rilettura di
una country music genuina e propositiva, lontana mille anni luce dalle
‘paillettes’ nashvilliane, “Notes Of Blue” aggiunge tonalità nere, tra blues e
‘swamp’ capaci di rendere la proposta dei Son Volt tra le più belle
dell’attuale panorama americano. “Promise The World” e “Back Against The Wall”
sono le due canzoni che aprono il disco, perfetto trait d’union con il
precedente lavoro, magistralmente interpretate con quell’afflato acustico e
cristallino che è un marchio di fabbrica del songbook di Jay Farrar, la prima
con una magnifica pedal steel nelle mani di Jason Kardong e il violino di Gary
Hunt a rendere più solida la melodia, la seconda più corposa e di grande
impatto. E’ con “Static” che si rivela la matrice più bluesy, quella che
caratterizza gran parte del resto dell’album, naturalmente non le canoniche
dodici battute tipiche ma suoni filtrati attraverso la personalità di Jay
Farrar, qui talentuoso come da tempo non lo sentivamo. Il muro di chitarre
elettriche che caratterizza “Static” è notevole (piacerebbe molto al vecchio
Neil Young), “Cherokee St.” segue con chitarre che acquistano il fascino
‘swamp’ tipicamente sudista e “The Storm” smorza i toni con una ballata
acustica country-blues che omaggia i padri del genere. “Lost Souls” è
decisamente la più rock con un altro bel ‘wall of sound’ di chitarre elettriche
e una convincente performance, “Midnight” persegue ancora le tematiche care al
blues ma il suono è più rock, più elettrico, “Sinking Down” è pulsante fluido
rincorrere tra rock e blues, tra radici e polverose slide, “Cairo And Southern”
è invece eterea e sognante, un viaggio acustico nella mente e nel tempo
perfetto per preparere il finale di un disco scorrevole che mostra (se ce ne
fosse bisogno) la grandezza di Jay Farrar. “Threads And Steel” gioca ancora
sulla dicotomia tra rock e blues con le chitarre elettriche che suonano
magnificamente, ‘twangy’ e sostanziose, Son Volt at their best.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento