Bobbo
Byrnes è un musicista dalla carriera indirizzata in molte direzioni,
collaboratore di band come Riddle & The Stars (di cui abbiamo già parlato
su queste pagine) e ora in veste solista, un personaggio la cui passione per le
radici e per certo country-rock o alternative country si esplica in queste
dodici canzoni che formano “Motel Americana”, genuino ed onesto esempio di come
il panorama indipendente sia quello in grado di proporre le cose più
significative in questo ambito. Fresco e diretto, “Motel Americana” è un album
elettroacustico in cui originali e cover si amalgamano per formare un suono che
deve molto all’età d’oro californiana tra fine anni sessanta e inizio settanta,
con quello spirito californiano dove grande importanza rivestono le armonie
vocali e gli arrangiamenti si basano su una sezione ritmica soffice e mai
invadente, ottimi intrecci chitarristici e inserimenti frequenti di violino,
mandolino, dobro e pedal steel. Certamente la più celebre tra le canzoni
presenti è la cover di “No Expectations”, tra le più roots degli Stones, più
volte ripresa da musicisti di estrazione country e folk (ma anche bluegrass)
qui rilassata e decisamente riuscita con un bel lavoro dello stesso Bobbo
Byrnes alla pedal steel ma non meno riuscite sono “To Her Door” di Paul Kelly e
“Hate This Town” di Slim Dunlap, quest’ultima arricchita dal violino di Geo
Hennessy. “Millsboro” è tra le melodie più intriganti, acustica e profondamente
country, “Solitaire” è più vivace e ritmata, “Nothing Needs To Be Said”
riflessiva e incisiva mentre trascinante e rock risulta “1,2,3”, la più movimentata
del disco, molto ‘sixties’. “Long Way To Nashville” chiude un disco semplice e
per questo diretto e godibile, certamente non un capolavoro ma degno e onesto.
Qualità per nulla scontate.
Remo Ricaldone
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