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Jim Keaveny - Put It Together

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Torna il cantautore di Bismarck, North Dakota ormai naturalizzato texano con il naturale seguito di “Out Of Time” pubblicato ormai tre anni fa. Il Bob Dylan ‘western’ di “Pat Garrett & Billy The Kid” e “Desire”, la più nobile canzone folk di Woody Guthrie e Ramblin’ Jack Elliott, quella non meno intensa di Townes Van Zandt  e di Terry Allen unita al fascino della musica del border: queste sono le coordinate sonore di brani concepiti in quel di Terlingua, Texas, terra fertile di storie intriganti e intense. Fiati mariachi, accordeon e guitarron sono i protagonisti assoluti accanto alla voce arsa dal sole e plasmata dal vento del deserto texano di Jim Keaveny, con i protagonisti di storie quasi cinematografiche nati dagli innumerevoli viaggi di Jim Keaveny che all’età di 19 anni si mise a viaggiare in lungo e in largo nel continente americano in autostop e sui treni merci. Country music, folk, tex-mex e fascinazioni western sono fissati ormai indelebilmente in una personalità un po’ sfuggente ma sempre affascinante di un vero troubadour, efficace quanto genuino, profondo e capace di tratteggiare con grande umanità lo spirito dei personaggi presenti. “What Ain’t Got”, “Six Days In A Jailhouse”, “Limbo And Grim (Slight Return)/The Mariachi Mantra”, “Put It Together”, “The Grand Forks” e “Leave This Town” sono solo alcuni dei momenti più significativi e difficilmente dimenticabili di un lavoro legato a filo doppio a tutte quelle ‘terre di confine’ tra Messico e Stati Uniti così ricche di storia e spesso di tragici epiloghi, una vera tavolozza di colori e di sapori in cui Jim Keaveny si trova perfettamente a proprio agio da storyteller puro e incontaminato. Da citare le steel guitar (lap o pedal) di Alex McMahon, la fisarmonica di David Barclay Gomez, la tromba di Eric Ortiz e le chitarre di Chet O’Keefe, protagonisti assoluti di queste sessions che nobilitano un’ottima vena compositiva. Chi è affascinato da questi luoghi e da questi suoni non potrà farsi sfuggire questo disco, magari abbinandolo al citato “Out Of Time” di cui è naturale seguito.
Remo Ricaldone

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