Mettetegli
in mano qualsiasi strumento a corda e vi stupirà per straordinaria tecnica,
cuore, sensibilità. Jared Tyler è un eccellente chitarrista (ma anche dobro
player e mandolinista) nativo di Tulsa, Oklahoma, fedelissima ‘spalla’ di
Malcolm Holcombe da anni ma capace di confezionare dischi a suo nome con la
stessa maestria e poesia che infonde nei suoi intrecci chitarristici da
‘sideman’. “Dirt On Your Hands” è il suo disco numero tre, un magnifico viaggio
che travalica i generi roots per toccare country music, blues, folk, soul,
jazz, gospel, un lavoro di rara finezza che intriga dalla prima all’ultima
nota. Questo grazie alle sue capacità compositive, alla sua saggezza nello
scegliere le cover, ad una produzione impeccabile in cui è affiancato dall’esperto
Dave Roe (che fornisce anche un solidissimo apporto come bassista in queste
sessions) e alla presenza di pochi ma notevolissimi nomi come Kenny Vaughn dei
Fabulous Superlatives di Marty Stuart alle chitarre, Jellyroll Johnson
all’armonica, Suzi Ragsdale alle armonie vocali e come ospiti Roger Ray della
band di Jason Boland alla pedal steel, Casey Driessen al fiddle e, dulcis in
fundo, l’amico fraterno Malcolm Holcombe. L’intensità delle interpretazioni
vocali di Jared Tyler che personalmente ritengo raggiungano le vette di gente come
Darrell Scott, Jeff Black o Buddy Miller e la raffinatezza e la sagacia con cui
si esprimono i protagonisti sono le armi vincenti di questo disco, un lavoro la
cui genuinità e semplicità conquista immediatamente. Già l’inizio di “Death Of
Me” con l’aggiunta di tuba e clarinetto ci trasporta nel tempo e ci fa sognare
come nei vecchi vinili degli anni trenta e quaranta, tra jazz e folk,
riprendendo ispirazioni che in passato furono di David Bromberg e Ry Cooder
mentre “Dressed In White” e “The Door” sono l’omaggio inevitabile al songbook
di Malcolm Holcombe presentato con una tale forza e passione a cui è difficile
resistere. La title-track “Dirt On Your Hands” è la più genuina ed autentica
country music, strettamente acustica, profondamente radicata nel suolo sudista,
“Heart Wide Open” è come dice il titolo una dichiarazione d’amore sulle note di
uno degli ‘highlights’ dell’album. Semplicemente magnifica. Da sottolineare e
da ricordare sono poi “Gwendolyn”, dalla melodia forse già sentita ma vincente
per approccio e convinzione, “Lucky I Am” scorrevole e freschissima country
song e i ricordi autobiografici gonfi di nostalgia nella suadente “Fort Gibson
Lake” con la superba pedal steel di Roger Ray. Disco tra i più validi in ambito
country ascoltati quest’anno.
Remo Ricaldone
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