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Jason Isbell - The Nashville Sound

Pubblicato da Remo Ricaldone |



“The Nashville Sound” è titolo quantomai significativo ed orgogliosamente legato ad una realtà tra le più propositive del panorama roots attuale a testimoniare una nuova era nella storia di Music City, luogo indissolubilmente legato alla country music in cui, ciclicamente, i suoni più commerciali e quelli maggiormente ‘progressisti’ si contendono spazi e notorietà. L’invasione texana dei primi anni settanta con Guy Clark, Rodney Crowell, Steve Earle e Townes Van Zandt e la rinascita neo-tradizionalista dei secondi anni ottanta del secolo scorso si sono alternati a rigurgiti country-pop tra corsi e ricorsi storici e ora la ‘nuova Nashville’ ha i nomi di Chris Stapleton, Sturgill Simpson, Colter Wall, Tyler Childers e Brent Cobb, quest’ultimo cugino di colui che sta dietro alla maggior parte di queste produzioni, Dave Cobb. Proprio Jason Isbell, ex membro dei Drive-by Truckers, ha goduto del supporto di Dave Cobb che, assieme al superamento di problematiche personali e il raggiungimento di una certa stabilità fisica, ha contribuito a ‘ricostruire’ una carriera che lo ha portato a rappresentare uno dei personagi di punta di questa ‘nuova’ scena. Dopo capolavori come “Southeastern” e “Something More Than Free”, “The Nashville Sound” celebra nuovamente una partnership fertile e felice che suggella anche un periodo ispirativo decisamente ottimo. Accompagnato dai fidi 400 Unit e dalla splendida violinista (e partner nella vita, cosa non secondaria) Amanda Shires, Jason Isbell ci guida in quello che è il suo mondo musicale, tra ballate acustiche di grande presa e passione e ruvidi roots-rock in cui emerge tutta la sua grinta e la sua energia.  “Last Of My Kind”, “Tupelo”, “If We Were Vampires”, “Chaos And Clothes” e “Someone To Love” fanno parte del lato più intimista ed acustico di Jason, sempre delicatamente melodico ed ispirato. Quando le atmosfere si fanno invece più elettriche e corpose ecco le eccellenti “Cumberland Gap”, “White Man’s World”, “Anxiety” firmata a quattro mani con Amanda Shires”, “Molotov” e “Hope The High Road”, incisive e trascinanti tra rock e radici. Un disco che sicuramente finirà tra i migliori dell’anno in corso, l’ennesima conferma della grandezza di un musicista in grado di commuovere e cullare ma anche di graffiare e travolgere nella stessa maniera.
Remo Ricaldone

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