Quattro
album all’attivo e una carriera musicale che ha portato Susan Kane a maturare
un repertorio che prende spunto dalle radici familiari appalachiane (la madre è
nativa del West Virginia) e le unisce al folk revival che ha sempre avuto un
largo seguito nella nativa New York. “Mostly Fine” è composto da canzoni
originali in cui dobro, fiddle, banjo, accordion, lap steel e chitarre
acustiche formano un tappeto estremamente godibile in cui le melodie
‘disegnate’ da Susan Kane rendono prezioso un disco che scorre con grande
naturalezza e autenticità. Ad accompagnare Susan in questo suo viaggio ci sono
la violinista Lisa Gutkin (già con i Klezmatics), la dobro player Abbie Gardner
del trio femminile Red Molly e una manciata di sidemen di valore anche se
assolutamente poco conosciuti al di fuori del giro newyorkese roots, con una
menzione particolare a Dan Bonis a mandolino e lap steel. Due sono le cover su
cui è giusto soffermarsi, entrambe firmate dalla coppia Robert Hunter e Jerry
Garcia, “Brown Eyed Women” e “Comes A Time”, tra le più valide di un repertorio
comunque ricco di momenti da ricordare. “Jacksonville” è a mio parere tra le
più intense e accorate, così come ottima è la country music di “Worn Out Lines”
in cui a duettare con Susan kane c’è Fred Gillen Jr. “Slip On Shoes” ha il
fascino sensuale del Sud e mi ricorda molto le atmosfere sospese di un classico
come “Ode To Billie Joe” portatto al successo da Bobbie Gentry, “A Man Of Much
Merit” gioca ancora sul filo delle emozioni regalandoci un’altra
interpretazione da pelle d’oca e “Love Can Die” è ancora in bilico tra country
e folk, con le proprie radici che emergono con forza. “Mostly Fine” è una bella
sorpresa e l’ulteriore conferma di quanto ci sia da scoprire nell’immensa scena
indipendente americana.
Remo Ricaldone
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