
Da
East Nashville, la parte più creativa e pregiata della cosiddetta Music City,
Amelia White emerge con il seguito ad uno dei dischi di maggior interesse delle
ultime stagioni in fatto di alternative country e americana, quel “Home Sweet
Hotel” che l’ha presentata come voce genuina e profonda, artista dalle qualità grandi
umane. “Rhythm Of The Rain” è stato concepito in pochissimi giorni in un
periodo particolarissimo per Amelia White, tra la morte della madre e il suo
matrimonio. Due eventi che, in maniera naturalmente opposta, hanno
caratterizzato la nascita di queste nove canzoni, in molti casi composte con
nomi importanti della canzone d’autore americana come John Hadley, Anne McCue,
Ben Glover, Lorne Entress e Lori McKenna. Il suo sguardo all’America di
provincia, l’attenzione ai dettagli nelle storie raccontate, l’intimismo
sfiorato con poesia e la nostalgia dei sentimenti sono alcune delle peculiarità
che fanno di Amelia White una musicista da conoscere, oltretutto in possesso di
una voce calda e appassionata, vicina come spirito a Lucinda Williams ma a mio
parere più modulata e intensa. Amore, perdita, destino, politica e tutto ciò
che colleghi queste emozioni sono qui raccontate con bravura da una voce sempre
coinvolgente, sin dall’apertura di “Little Cloud Over Little Rock”, ballata dai
toni nitidi e dalla sicura presa. “Rhythm Of The Rain” con il suo andamento
cadenzato, proprio come il ritmo della pioggia, prosegue con un’altra canzone
piena di cuore e anima, “Sinking Sun” è un altro piccolo gioiellino country con
tutta la nostalgia e il ricordo di emozioni passate, con il banjo di Sergio
Webb a rinforzare la melodia, “Yuma” è una ballata turgida e corposa firmata a
quattro mani con Ben Glover, una narrazione quasi cinematografica e decisamente
cristallina, “Said It Like A King” è canzone d’autore doc anche per la presenza
a livello compositivo di Lori McKenna (già con Brandon Rhyder nel suo ultimo
disco) e Lorne Entress e per gli inserimenti al violino di Eamonn McLoughlin.
Da sottolineare ancora, ad impreziosire ulteriormente l’album, un’intensa “Let
The Wind Blow Cold”, agrodolce e sognante, un altro pezzo di bravura a chiudere
un disco che cresce enormemente con gli ascolti e conferma quanto di buono
Amelia White ha proposto nella sua carriera discografica.
Remo Ricaldone
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