Album numero undici (in poco meno di due decadi) per uno dei beniamini di Lone Star Time, quel Jason Boland che è da considerare una delle figure guida di quel suono, concepito e nato tra Texas ed Oklahoma, che ha saputo fondere mirabilmente country music e rock, centellinando in misura variabile i due ingredienti. Con i fidi Stragglers ‘ridotti’ a trio, con il vecchio compagno di Università e batterista Brad Rice, Grant Tracy a completare la sezione ritmica al basso e lo straordinario Nick Worley a fiddle e mandolino, Jason Boland non sbaglia un colpo, tale è il talento compositivo, l’eccellente espressività della voce e l’intelligenza nello stilare una scaletta coinvolgente ed intensa. “Hard Times Are Relative” vede la produzione a quattro mani divisa tra l’esperto Adam Odor e David Percefull che ritroviamo qua e la a colorare alcune canzoni con tastiere e chitarre e come ‘membro esterno’ ma sempre ispiratissimo specialmente alla pedal steel, Cody Angel.  La selezione è come detto felicissima nel proporre una stimolante ed appassionante country music talvolta rafforzata da elementi più rock che non spostano equilibri cercati e trovati con sagacia. Il frizzante inizio affidato a “I Don’t Deserve You” ne è la conferma più riuscita, con la pedal steel in primissimo piano e le armonie vocali di Sunny Sweeney a dare un tocco in più alla melodia. Un piccolo classico. “Hard Times Are Relative”, la title-track, gioca sulle emozioni più profonde con una ballata interpretata con grande classe da Jason Boland e un corollario di strumenti che accarezzano, dal dobro al banjo (nelle mani di Noah Jeffries) alla pedal steel, “Right Where I Began” è una godibilissima e cadenzata country song, un altro brano perfetto per coinvolgere il pubblico in concerto, con Cody Angel a ‘fare i numeri’ all’elettrica. “Searching For You” è un altro degli ‘highlights’ del disco, con la fisa di Bukka Allen e uno spirito honky tonk che conquista mentre “Do You Remember When” è un’altra ballatona dalla grande forza interiore, cantata con il cuore in mano. Il ritmo risale con la seguente “Dee Dee Oo’d”, pregna di buon vecchio rock proposto con la classe di Jason Boland che assieme a Stoney LaRue firma poi una “Going, Going, Gone” semplicemente monumentale, con il fiddle di Nick Worley che vola alto. Il trittico finale comprende “Tattoo Of A Bruise” pimpantissima e nobilitata dagli intrecci di pedal steel e fiddle, “Predestined” più acustica e rilassata e, unica cover “Grandfather’s Theme” di Randy Crouch, intensa, pulsante ed evocativa, degno finale per un disco tra i migliori dell’anno. E non solo in questo ambito musicale.
Remo Ricaldone

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