“Goin’
Gone” è un viaggio emozionante attraverso i vari suoni che caratterizzano il
profondo sud degli States, un percorso fatto di polverosi ‘juke joints’ e
‘honky tonks’ fondendo le molte influenze che Kat Danser, partendo dalla sua
Edmonton, Alberta, ha accumulato nel corso degli anni. Folk, blues, rockabilly,
country, jazz sono qui centrifugati con estrema bravura ed interpretati con
voce espressiva, modulata e potente, affidandosi poi alla profonda esperienza
di un nome come Steve Dawson che è sinonimo di suoni distillati e centellinati
con intelligenza. Lo stesso Steve Dawson è protagonista con le sue chitarre e
la pedal steel in un album in cui si alternano e si intrecciano fiddle e sax,
armonica e mandolino in un susseguirsi di grandi emozioni. La grande esperienza
in concerto di Kat Danser, al quinto disco pubblicato, è qui al servizio di un
progetto ricco di fascino che viene inaugurato da una title-track dove blues e
country convivono felicemente sprizzando energia da tutti i pori. “Voodoo
Groove” ha tutto il misterioso fascino delle commistioni sonore del Delta con
ancora in primo piano le chitarre elettriche del produttore, “Memphis,
Tennessee” è più squisitamente blues con slide ed armonica che duettano in modo
splendido mentre “Chevrolet Car” è la prima cover (di Sam McGee) che riporta i
suoni ad una arcaica country music proposta con guizzi di pura arte. La pedal
steel guida invece la sinuosa “Kansas City Blues”, ballata dai toni nostalgici
tra le migliori del disco, subito seguita da “Hol’ Up, Baby” che convince per
intensità e ritmo, ricordando un po’ la Michelle Shocked più ‘nera’. “Train I
Ride” è molto ‘cinematografica’ ed evocativa, il sax ad accarezzare, ancora
country e blues a braccetto, gli echi di Merle Travis e dell’autore, il
leggendario Mississippi Fred McDowell, “My Town” è un altro gioiellino da
incorniciare con tutto il suo fascino ‘old fashioned’ e lo spirito del
primissimo Ry Cooder a fare capolino. A suggellare l’album una più elettrica e
nervosa “Light The Flame”, notturna ed oscura, tra canzone d’autore (viene in
mente certo Bruce Cockburn) e roots-rock, e “Time For Me To Go” più rilassata e
modulata, ottima per congedare un’artista dalle eccellenti doti e potenzialità
che in questo “Goin’ Gone” ci regala più di un brivido, più di un’emozione.
Consigliato.
Remo Ricaldone
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