Kate
Campbell è una delle voci più intense nel raccontare il sud degli Stati Uniti: lei è nata nella zona del Delta ed è cresciuta assorbendo il meglio di quella
cultura, dalla country music al blues, dal folk al pop ed al soul. La
letteratura è sempre stata al centro della sua crescita come donna e come
artista, i diritti civili un punto fisso del suo credo, scrittori come Flannery
O’Connor, Eudora Welty e William Faulkner riferimenti imprescindibili. Sono
passati più di ventanni dal suo esordio, il celebrato “Songs From The Levee”
dal quale è iniziata una carriera all’insegna della coerenza stilistica e
dell’amore per una terra dalla quale sono germogliati i migliori suoni
d’America. Riconosciuta ormai come musicista di primo piano nell’unire
attraverso le ‘strade secondarie’ Nashville a Muscle Shoals e a Memphis, Kate
Campbell ciclicamente ci regala dischi dall’afflato poetico e dai suoni intensi
e “Damn Sure Blue” non sfugge a questa regola. Grazie all’accorta e sagace
produzione di uno dei migliori nomi in questo ambito, Will Kimbrough, a sua
volta musicista di straordinario livello artistico, Kate Campbell porta a
termine uno dei suoi lavori più lucidi e solidi in un alternarsi di cover e di
collaborazioni compositive che vedono coinvolti lo stesso Will Kimbrough e Tom
Kimmel, firme che lavorano sulla sua stessa lunghezza d’onda. Le cover sono sempre
fortemente personalizzate e perfettamente riuscite, dalla forte denuncia
sociale di “Ballad Of Ira Hayes” del folk singer ‘nativo’ Peter LaFarge, tra i
protagonisti più oscuri degli anni sessanta, a “The Great Atomic Power” dei
Louvin Brothers, ripresa con piglio orgoglioso e potente, da “Forty Shades Of
Green” di Johnny Cash a “Christ, It’s Mighty Cold Outside”, intinta nella
migliore tradizione gospel del sud. Gli
originali sono poi la vera forza dell’album con melodie che fanno emergere la
tradizione country nel modo più genuino e aggiungono testi impegnati e poetici
al tempo stesso. “Damn Sure Blue”, “Change Should’ve Come By Now” e “Long Slow
Train” sono un trittico che inizia il disco in modo splendido, tre canzoni che
rappresentano l’essenza della country music, di come dovrebbe essere questa
musica e di cosa dovrebbe rappresentare. Non meno ispirate sono poi la
struggente “This, And My Heart Beside” avvolta da armonie folk che rubano il
cuore, “When You Come Back Home”, pregnante country song che mi ricorda le
prime cose di Mary Chapin Carpenter e “Sally Maxcy” che si pone ancora sul
versante folk del’opera. Un disco questo che rappresenta al meglio terre che
hanno espresso artisticamente le cose migliori unendo le tante culture che le
hanno abitate, terre rigogliose, terre ricche di grande musica.
Remo Ricaldone
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