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Malcolm Holcombe - Come Hell Or High Water

Pubblicato da Remo Ricaldone |


Uno stile ormai ampiamente rodato e riconoscibile basato sulla commistione tra folk, country e blues, una voce i cui sedimenti si sono stratificati negli anni arrivando a toni rochi, arruffati ma estremamente affascinanti, come quelli di un hobo che, nei suoi pellegrinaggi, trova tutto il romanticismo e la durezza della vita a contatto con perdenti, sognatori, viaggiatori e la nobiltà della classe lavoratrice. Questo e non solo è Malcolm Holcombe, musicista del North Carolina in cui convivono tutti i misteri, le scoperte e la florida ricchezza di terre che negli ultimi secoli hanno visto alternarsi momenti drammatici e pregni di storia che ne hanno disegnato i confini, geografici e interiori. Il suo carattere schivo, un po’ selvatico e poco propenso a scendere a compromessi gli hanno forse negato un posto d’onore nell’olimpo della musica americana ma, con grande perseveranza, ha snocciolato con regolarità dischi sempre più maturi e completi, pervasi da una sensibilità e da una poetica unici. Malcolm Holcombe è scolpito nella stessa roccia di cui fanno parte grandi come James McMurtry, Greg Brown, Townes Van Zandt e Ray Wylie Hubbard, per citare alcuni artisti ai quali è stato accostato, con una personalità forte ed orgogliosa che l’amico, produttore (con Marco Giovino) e straordinario polistrumentista Jared Tyler ha saputo far emergere  in un crescendo veramente notevole. L’equilibrio dei suoni, la profondità dei testi e l’incisività delle melodie è stato un traguardo raggiunto con naturalezza e, specialmente in questa sua ultima produzione ha raggiunto vette molto, molto alte. Dal precedente “Pretty Little Troubles” è cambiato poco a livello musicale, qui ritroviamo intatto il suono ormai marchio di fabbrica di Malcolm Holcombe, prettamente acustico ma sempre carico di pathos, calore e intensità, con pochi ‘aiuti’ ma con ogni strumento al proprio posto a partire dalle chitarre, dal dobro e dal mandolino di Jared Tyler, dalle percussioni sparse di Marco Giovino, dalle voci di Iris DeMent (qui anche al piano) e di Greg Brown, profondi ammiratori del musicista delle Blue Ridge Mountains. Tredici canzoni, tredici storie di volta in volta commoventi, delicate, misteriose e tenui, brani che sono indissolubilmente legate tra loro per formare un insieme di estrema sentimento e poesia “Left Alone”, “New Damnation Alley”, “Black Bitter Moon”, “Old North Side”, “Brother’s Keeper” e “Torn And Wrinkled” sono solo alcuni esempi della grandezza di un poeta vero. Un artista che, nonostante tutto, continua a rimanere uno dei molti ‘best kept secrets’ della musica d’oltreoceano.
Remo Ricaldone

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