Ben
Bedford è un poeta, Ben Bedford è un musicista di grande spessore: su queste
due caratteristiche si basa una carriera ed una discografia che ha portato
l’artista di Springfield, Illinois ad incidere cinque album nel corso di una
dozzina d’anni, un percorso ‘parco’ ed essenziale che si arricchisce ora di un
lavoro che ben inquadra il suo essere profondo e rigoroso. “The Hermit’s
Spyglass” è un disco in cui Ben Bedford si esibisce in completa solitudine e
racconta di storie apparentemente ordinarie, storie concepite nella sua
residenza ai confini della prateria dell’Illinois in compagnia dell’amato
Darwin, gatto con il quale ha condiviso emozioni e sensazioni. “Per il mio
amico, il gatto Darwin e per tutti gli altri che vivono in maniera univoca e
bella e non hanno bisogno di un libretto di istruzioni”: questa è la filosofia
che guida questo breve ‘racconto’ fatto di ballate e momenti strumentali che
fanno da base ad un susseguirsi di considerazioni sulla vita e sui suoi
significati reconditi. Tra canzone d’autore folk e ispirazioni (quasi) country,
“The Hermit’s Spyglass” conquista poco a poco, crescendo come tutti i dischi
precedenti in maniera sicura e diretta, regalando passioni a piene mani ed
avvicinandosi al lavoro di personaggi che lo hanno influenzato nella scrittura
come i canadesi Bruce Cockburn e Gordon Lightfoot, per esempio. “Morning Rise”,
“Little Falcon, “Coyotes” e “Morning Conversations” sono canzoni dall’ampio
respiro e dalla cristallina bellezza mentre “Larkspur Awakes”, “The Mule And
The Horse” e “Thunderstorm” sono splendidi quadretti strumentali che descrivono
in modo esaustivo queste sensazioni. Un altro sforzo compositivo completato con
l’ormai consueta bravura per un personaggio il cui peso poetico lo ha reso tra
le figure di spicco della canzone americana delle radici.
Remo Ricaldone
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