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Neilson Hubbard - Cumberland Island

Pubblicato da Remo Ricaldone |


Grazie alla proficua avventura musicale con gli Orphan Brigade, Neilson Hubbard ha impresso una decisa accelerazione ad una carriera che ora si è arricchita di un ulteriore eccellente capitolo discografico. Dopo aver esplorato i misteri del ‘deep south’ durante la Guerra di Secessione e aver scoperto le affascinanti e imperscrutabili Grotte di Osimo nelle Marche, Neilson Hubbard ritorna a raccontare le terre sotto la ‘Mason-Dixon line’, soffermandosi sull’Isola di Cumberland, al largo della Georgia. Là vive una colonia di cavalli selvaggi, discendenti da quelli portati attorno al 1600 dai ‘conquistadores’ spagnoli, che dona un ulteriore tocco di fascino ad un’isola che, proprio per la sua natura, conserva tratti particolari e poco conosciuti. A questo si aggiungono ricordi personali carichi di affetto, concorrendo a creare un filo narrativo di grandissima profondità espressiva e poesia. Accanto a Neilson Hubbard c’è il fidato pard irlandese Ben Glover che qui ha un ruolo fattivo nella produzione, nella composizione (almeno metà delle canzoni presenti porta la sua firma, a quattro mani con Neilson) e nel contributo strumentale. Stilisticamente le ballate presentate recano tracce di folk, di jazz, di soul e di country, ricordando l’indimenticato lavoro di grandi come John Martyn, Nick Drake, del Van Morrison del periodo americano negli anni settanta e inevitabilmente di Glen Hansard. Gli arrangiamenti sono soffici e ispirati, chitarre acustiche e pianoforte sono protagonisti e gli inserimenti di violino e fiati non fanno altro che esaltare l’afflato poetico dei brani, in un susseguirsi di rimandi ricchi di suggestione. Per sua natura questo è il classico album che cresce molto con gli ascolti e aiuta molto il consueto straordinario lavoro di traduzione in italiano dei testi, ormai ‘marchio di fabbrica’ della label lombarda Appaloosa Records. “Cumberland Island” è un racconto intimo ed accorato degno di un talento puro, una selezione che accarezza il cuore e dona pace e serenità a chi si apre a queste canzoni, da “Don’t Make Me Walk Through This World On My Own” a “My Heart Belongs To You”, da “Oh Black River” a “How Much Longer Can We Bend” e anche quando i ritmi si fanno più accelerati (“If The Sun Comes Up Tomorrow” e “That Was Then”) la grazia e la dolcezza rimangono le caratteristiche vincenti. “Cumberland Island” merita attenzione e di essere maneggiato con la dovuta considerazione. Regalerà momenti assolutamente pregnanti.
Remo Ricaldone

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