Anche
se al suo attivo ci sono solo quattro album solisti, Kaz Murphy è attivo da
alcune decadi e la sua carriera musicale è ampia, variegata e pienissima di
esperienze, fin dai suoi ‘anni formativi’ nel South Jersey e a Philadelphia. Appassionato
di rock’n’roll e di folk music, Kaz Murphy ha suonato in innumerevoli bands,
spostandosi di continuo all’interno degli States, da Santa Fe a Los Angeles e
poi per un breve periodo anche in Austria. Poi ha condiviso il palco con Pete
Seeger e Jesus And Mary Chain, i Derailers e i Big Star, con membri dei
Whiskeytown (la band di Ryan Adams agli esordi) e con gli Afghan Whigs
definendo così quanto diversificate siano le sue influenze. “Ride Out The
Storm” lo vede tornare alla ribalta con un disco decisamente azzeccato grazie
ad una vena compositiva intensa ed intrigante dove trovano spazio le passioni
per i perdenti, gli ultimi, quelli ai margini della società dei consumi. La
produzione contribuisce in maniera fattiva alla riuscita del disco e Scrappy
Jud Newcomb (che ha lavorato con Slaid Cleaves, Ray Wylie Hubbard e Patty
Griffin tra gli altri) qui ‘cuce’ un suono consistente ma non sovraprodotto
attorno alle canzoni di Kaz Murphy, con la presenza dei tamburi di Pat Manske
(veterano del Lone Star State), Jon Notharthomas al basso (già con la band di
Ian McLagan) e Penny Jo Pullus alle armonie vocali. Lo stesso Scrappy Jud
Newcombe gioca un ruolo fondamentale con le sue numerose chitarre, acustiche ed
elettriche, il basso, il mandolino in un disco suonato con estrema convinzione
e registrato nello storico The Zone, studio di registrazione di Dripping
Springs, Texas. Con la sua voce calda e corposa Kaz Murphy disegna storie in
cui i protagonisti si muovono entro i confini di un’America talvolta
misteriosa, altre volte intrisa di sofferenza o di speranza, sulle ali di un
suono tra country music, canzone d’autore folk e ‘americana’, con accenti
ispirati e poetici. Da “When People Come Together” che introduce la selezione
alle eccellenti “Soft Heart” (quasi una border song), “Thunderhead” e “Where
You Come From” dalle immagini nitide ed evocative e dalle chitarre
‘riverberate’ che sanno molto di sixties, l’album si snoda con semplice
scorrevolezza e regala più di un momento da ricordare. Tra questi sono da
citare “Somebody Could Be Me”, country music che sa di Texas in modo classico, “Stella
Rae” deliziosamente rock anche se acustica, un po’ sulla falsariga di quello
che faceva Jonathan Richman tra gli anni settanta e i primi ottanta e la bella
ballata “Forget About The World Tonight” interpretata ancora con grande cuore.
Disco esemplare di un’America ‘di periferia’ ma sempre accorata e genuina.
Remo Ricaldone
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