Dopo
essersi frequentemente esibito con il fratello sotto il nome di Sumner
Brothers, Bob debutta da solista con un disco affascinante le cui atmosfere
prendono spunto dalla canzone folk ma si ampliano, si modellano e tendono ad arricchire
la propria natura grazie ad una personalità di buonissima caratura. Il
musicista di Vancouver gioca le proprie carte unendo country e folk all’interno
di un repertorio in cui le ballate la fanno da padrone e in cui gli
arrangiamenti risultano sempre estremamente eleganti ed efficaci con una
sezione ritmica mai invadente e tastiere e chitarre che fungono da base
perfetta per storie agrodolci ed evocative. Naturalmente in questo contesto gli
ascolti prolungati fanno emergere i particolari, le sfumature e tutte quelle
gradazioni di colore che impreziosiscono le canzoni di “Wasted Love Songs”,
tutte ugualmente adeguate ai ‘fondali’ davanti ai quali si snodano le storie,
intimi quadretti di provincia. Il primo Israel Nash Gripka, quello più legato
ai suoni delle radici, è il riferimento principale, ma è un po’ a tutto il
panorama ‘americana’ che si possono accostare le creature di Bob Sumner. Da
“Riverbed” che fissa suoni e prospettive fino a “Ticket To Ride” (nessun legame
con la più celebre melodia beatlesiana), l’album sfila con naturalezza,
rilassatezza e poesia attraverso momenti di ottima musica come “A Thousand
Horses”, “New York City”, “My Old Friend” e “Comin’ Around”, tutte interpretate
con grande cuore e lo spirito genuino degli storytellers. Una bella sorpresa
questa presentataci da Bob Sumner, un disco che lo pone tra i tanti eccellenti
esponenti della scena canadese roots.
Remo Ricaldone
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