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Michael McDermott - Orphans

Pubblicato da Remo Ricaldone |


A sorprendere di questo “Orphans” non è tanto la qualità delle canzoni, il piglio romantico e intenso che Michael McDermott mostra in ogni sfumatura o le storie raccontate, ballate e rock ‘di strada’ nella migliore tradizione americana da Springsteen in avanti, quanto il fatto che i dodici brani che lo compongono erano stati scartati dalle sessions di due eccellenti album come “Willow Springs” del 2016 e “Out From Under” di due anni dopo. Dodici splendidi quadretti che suonano quantomai coesi e che formano un insieme degnissimo come se fossero concepiti per essere suonati congiuntamente. “Orphans” può quindi essere considerato a tutti gli effetti il nuovo lavoro per un artista che, pur con alti e bassi, ha proposto una parabola tra le più belle del suono americano delle ultime decadi e nonostante abbia un seguito limitato nei numeri e viaggi in quel nobile sottobosco di personaggi dal taglio cantautorale ma dalle attitudini rock, merita l’attenzione ed il rispetto di chi segue la roots music a stelle e strisce. Qui troviamo una serie di ballate in cui pathos e nostalgia, rimpianto e malinconia sono profusi a piene mani e dove di rado i ritmi si fanno incalzanti, prediligendo racconti accorati ed intensi come nei due momenti che ritengo ‘guide spirituali’ del disco: “Sometimes When It Rains In Memphis” e “Los Angeles, A Lifetime Ago”, due straordinarie canzoni in cui il nostro si supera per passione e sentimento. “Tell Tale Heart”, “The Wrong Side Of Town” e “Givin’ Up The Ghost” sono per contro i brani più movimentati, la cui presenza è preziosa  nel contribuire al bilanciamento complessivo con narrazioni robuste e corpose. Da ricordare sono poi “What If Today Were My Last”, commovente ballata pianistica, “Ne’er Do Well” deliziosa con il suo arpeggio di acustica decisamente ‘folkie’, la nostalgica “Meadowlark” con il suo fascino ‘on the road’ e “Richmond” introdotta ancora da un bel pianoforte. “Orphans” è disco profondo, ricco di sfumature e di belle melodie a conferma di uno stato di forma che prosegue da anni, una produzione indipendente che dimostra quanto Michael McDermott sia storyteller di grande sensibilità.
Remo Ricaldone

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