Il
trio dei Feralings proviene dall’Iowa, midwest degli Stati Uniti, e debutta con
questo disco omonimo che è un ep di eccellente forza espressiva e propone tutta
la loro passione per uno storytelling influenzato da country music, folk,
bluegrass, alt-country e anche gospel. Patrick Bloom (chitarra e contrabbasso) ne
è l’ispiratore, con una buona esperienza nel campo del roots-rock a capo dei
Mayflies, così come Nicole Upchurch (banjo e chitarra) e Benj Upchurch (mandolino) hanno
trovato nell’Iowa una validissima scena musicale in cui maturare le loro
precedenti esperienze in campo tradizionale dal nativo Montana. La gavetta per
quanto riguarda i Feralings è stata abbastanza lunga, diciamo dal 2012, anno in
cui i tre hanno seriamente perseguito questo progetto. Ora abbiamo tra le mani
il risultato di questi loro sforzi e, anche se ci troviamo di fronte ad un
disco di lunghezza ridotta, possiamo apprezzare il loro mix di personalità e
carattere. Sei brani, sei gioiellini acustici in cui le voci di Nicole Upchurch
e Patrick Bloom si alternano per formare un insieme di ottima qualità, a
partire da “Humming Machines”, delizioso country-waltz guidato dal banjo di
Miss Nicole e dalla sua voce evocativa. “Maybe Maybelline” è più movimentata e
corposa, acquista in fascino bluegrass ma ha quel fondo di swing che la rende
ancora più particolare, “Perennials” è un’altra bella pagina di country music
dal taglio tradizionale, dalle immagini senza tempo legate agli archetipi del
genere che spesso emergono dalla musica dei Feralings. “I Shall Bring You Flowers
(Sun God)” vira leggermente verso la canzone folk con i suoi cori ottimamente
strutturati e l’accompagnamento scarno ma sempre caldo ed avvolgente mentre la
seguente “Lila” unisce le varie anime della musica del sud in una canzone ricca
di anima e cuore, interpretata ancora una volta con grande bravura da Nicole
Upchurch. “Weeds In The Wall” chiude il disco con intriganti intrecci di
mandolino, banjo e chitarre acustiche, peculiarità che i Feralings riescono a
riproporre con intelligenza ed acume. Peccato solo per la durata, qualche
canzone in più avrebbero reso questo loro lavoro uno dei più ispirati album in
ambito acustico e roots dell’anno. Alla prossima.
Remo Ricaldone
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