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Drew Holcomb & The Neighbors - Dragons

Pubblicato da Remo Ricaldone |


Sono stati anni intensi questi ultimi per Drew Holcomb, musicista con base in Tennessee il cui nome sta circolando parecchio negli ambienti roots americani. Dal punto di vista personale e da quello artistico Drew ha affrontato parecchie novità che inevitabilmente ha racchiuso in queste canzoni che formano un disco originale, dinamico, vivace, dalla grande ampiezza di tonalità e colori. La condivisione del palco con personaggi del calibro di Willie Nelson e Zac Brown Band, la partnership compositiva con autori come Lori McKenna (grande ‘penna’ spesso ripresa in ambienti country), Natalie Hemby (membro delle Highwomen), Sean McConnell (compagno di tour e vicinissimo alla sua personalità musicale) e Zach Williams dei Lone Bellow, gli intensi legami familiari (e non solo) con la moglie Ellie Holcombe, la naturale crescita e maturazione artistica hanno portato Drew a fornire una amplissima tavolozza di sfumature e di sensazioni, unendo passato e presente in un invidiabile contesto.  La forza di Drew Holcomb sta nella sua grande comunicatività, nell’umanità e nella sincerità di ogni sua canzone, toccando radici country ma fornendone una versione dal gusto contemporaneo con gradazioni pop, rock e cantautorali. La ‘everyday life’ è al centro dei temi di “Dragons” dove si intrecciano gioie e dolori, speranze e preoccupazioni in un insieme estremamente godibile, a partire da “Family”, vero manifesto della raccolta, pimpante e trascinante introduzione. La perizia del polistrumentista Nathan Dugger, la sagacia del produttore Cason Cooley qui anche alle tastiere, la solidità di una sezione ritmica come quella formata dal batterista Will Sayles e dal bassista Rich Brinsfield rendono delizioso e gradevole il sound, spesso permeato da slanci pop e da ironia profusa in quantità. La canzone country-folk della title-track “Dragons”, classica quanto basta, il romanticismo di “See The World”, la fulgida melodia di “You Want What You Can’t Have” a mio parere tra le più belle, il fascino sudista di “Maybe” elevano tutta la parte centrale dell’album, senz’altro la più ispirata. Nel finale sono ancora da citare la più movimentata e ‘rockeggiante’ “Make It Look So Easy” e, a fare da contraltare, le suggestioni della più intimista “Bittersweet”, due estremi di un lavoro che, pur non essendo il suo album più completo, presenta un talento da non sottovalutare.
Remo Ricaldone

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