Gill
Landry ha confezionato probabilmente il suo lavoro più personale e profondo,
alla ricerca di un suono attento alle più piccole gradazioni di tonalità ma
capace nel suo insieme di affascinare per approccio un po’ misteriosamente
‘dark’. Le radici del musicista della Louisiana, per parecchi anni membro degli
Old Crow Medicine Show, sono riproposte prendendo la migliore canzone d’autore
permeandola di nuance country, blues e folk, aggiungendo un tocco personale
grazie ad una voce intensa, carica e grave e ad una produzione essenziale ed
impeccabile. Un organo hammond, un’armonica, una chitarra spagnoleggiante, un
violino, una tromba con la sordina, tutto concorre a rendere vive e passionali
le storie che compongono “Skeleton At The Banquet” in un viaggio attraverso la ‘sua’
Louisiana, terra di mille influenze e di mille racconti narrati con forza
accorata. Il romanticismo di Gill Landry vive di queste storie intime ed
interiori, commoventi ed emozionanti, risultando sempre drammaticamente ed
indissolubilmente credibili e vere. Gioiellini come “The Place They Call Home”,
certamente uno degli ‘highlights’ dell’album, con la sua grande carica umana e
una melodia che entra nell’anima oppure l’irresistibile fascino ‘folkie’ di
“Angeline” sono solo alcune delle punte di diamante di un prodotto che incanta e
si stabilisce stabilmente nel cuore. Talvolta i riferimenti, per voce ed
atmosfere, portano verso Leonard Cohen e certo Tom Waits, come nella ottima
“Trouble Town” dai toni quasi jazzati e nell’iniziale “I Love You Too”, mentre tra
le più degne di nota si segnalano “The Wolf” dove Gill Landry da spazio alle
sue passioni country-folk in un altro momento di ‘musicalità alta’, “A
Different Tune” poeticamente ancora importante e la candenzata “The Refuge Of
Your Arms”. Disco fortemente consigliato.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento