A
volte, non importa a quale età, il richiamo della musica è più forte di
qualsiasi cosa e si imbraccia la chitarra per iniziare una nuova vita
all’insegna delle cosiddette sette note. E’ stato il caso di Barbara Bergin,
chirurgo ortopedico con la passione per i cavalli che ha smesso camice e
speroni per intraprendere un percorso artistico affidandosi per il suo debutto
alla produzione di Jane Gillman, eccellente ed esperta figura della scena roots,
cantante ed autrice dalla grande
sensibilità e visione ‘manageriale’ incontrata ad Austin, Texas dove la nostra
si è trasferita dalla nativa New York. “Blood Red Moon” è il risultato del
talento musicale e compositivo di una storyteller capace di disegnare quadretti
di grande efficacia cercando spunti dalla vita comune ma anche da riferimenti
storici, seppur avvolti da un’aura di fantasia. Preziosa è la collaborazione di
una serie di importanti nomi della scena di Austin come il
batterista/produttore Merel Bregante, l’eccellente chitarrista Rich Brotherton,
l’estrema finezza del pianismo di T Jarrod Bonta, l’esperienza del bassista
David Carroll, con l’inevitabile presenza di Jane Gillman che presta qua e la i
suoi dulcimer, armonica e mandolino a brani che si muovono tra canzone d’autore
folk e reminiscenze più tradizionali. La selezione è decisamente piacevole e in
gran parte acustica, dall’iniziale “Blood Red Moon”, intensa ballata in cui
fanno bella mostra le chitarre di Mark Viator alla divertente “My Life’s Good
(Cuz I Don’t Live In The City)” dalle movenze più rock. Un disco che scorre con
grande naturalezza e ci regala momenti interessanti come la melodia tinta di
folk britannico “She Danced With The Young Prince Of Wales”, gli echi
appalachiani di “Possum’s In The Corn” con il bel banjo di Cathy Fink, ballate
intense come “Warm Place” a cui T Jarrod Bonta con il suo piano dona ulteriori
colori e “Captain Of The Robert E. Lee” con
l’accordion di Chip Dolan mentre “Let’s Get On Up!” rimanda ai classici
temi folk degli anni sessanta e “Like Father Like Song” unito alla tradizionale
“Cluck Ol’ Hen” chiude un album che speriamo possa essere l’inizio di una lunga
carriera.
Remo Ricaldone
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