Non
è recentissimo questo album ma è utile tornare a parlarne in occasione della
sua nuova distribuzione (anche) europea che ci da modo di disquisire di uno dei
più intensi storytellers dell’America di provincia, di quel Midwest del quale
Jeffrey Foucault ha narrato personaggi, paesaggi e storie di notevole
profondità, arguzia e passione. “Blood Brothers” torna a quelle atmosfere
interiori e intime che il musicista di Whitewater, Wisconsin ha saputo
alternare a ruvidi e ruspanti momenti rock in una discografia parca e meditata,
centellinata nei modi e nei tempi con estremo talento. La sua è una di quelle
voci capaci di evocare stati d’animo veri tra l’autobiografico e certo realismo
intriso delle più genuine sensazioni, sia dal punto di vista musicale che da
quello delle liriche, essenziali e pregnanti. “Dishes” apre nel migliore dei
modi il disco, una ballata di grande impatto emozionale interpretata con forza
e fascino, caratteristiche che si mantengono per buona parte del materiale
proposto, con una band eccellente alle spalle del protagonista, band che vede
Eric Heywood lavorare di fino a pedal steel e chitarre acustiche, Bo Ramsey
fornire l’adeguato tappeto chitarristico e la coppia Billy Conway (batteria) e
Jeremy Moses Curtis (basso) formare una sezione ritmica preziosa. “War On The
Radio” e la struggente “Blown” con Tift Merritt a duettare sono un’ulteriore
spinta al disco la cui prima parte è decisamente impeccabile, con Kris
Delmhorst (la signora Foucault) e Pieta Brown che forniscono il giusto apporto
di grazia e bravura, mentre la classe chitarristica del Milk Carton Kid Kenneth
Pattengale nobilita la già intrigante “Pretty Hands” posta in chiusura alla
scaletta. “Cheap Suit” è una limpida ballata che starebbe bene in un disco di
John Prine a cui si avvicina per emotività e delicatezza, “Rio” è una pigra
country song dalle movenze languide e godibili mentre “Dying Just A Little” è
cristallina nella sua sequenza ed è l’ulteriore conferma della grandezza del
suo autore. Jeffrey Foucault: file under…great modern troubadours.
Remo Ricaldone
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