Il
duo The Danberrys, formato da Ben Deberry e da Dorothy Daniel, ha base a
Nashville ed è al terzo disco, co-prodotto a quattro mani da Brian Brinkenhoff,
già con Malcolm Holcombe e Van Morrison tra gli altri e Marco Giovino,
batterista con una notevole esperienza alle spalle con Patty Griffin, Buddy
Miller e i Band of Joy. “Shine”, come si arguisce dal titolo, splende di luce
chiara e cristallina grazie ad una musicalità e ad uno script decisamente
intriganti, frutto di una lenta ma costante maturazione che ha portato i
Danberrys a rappresentare al meglio quel suono che comprende un po’ tutte le
influenze roots, dalla country music al rock passando per blues e folk,
catturando benissimo lo spirito un po’ dark’ delle terre a sud della linea
‘Mason-Dixon’. Spiccano in queste sessions, avvenute in soli tre giorni in quel
di Boston, Massachussets, le chitarre di Duke Levine, straordinario musicista
che ha base proprio da quelle parti, una sezione ritmica sempre precisa e dal
suono spesso volutamente ‘sporco’ con il citato Marco Giovino alla batteria e
Marty Ballou al basso e, ciliegina sulla torta, il prezioso ‘cammeo’ di Darrell
Scott che presta la sua voce nella bellissima “The Mountain”. Le voci poi sono
tra i motivi di apprezzamento maggiore, intense, sofferte, accorate, spesso
all’unisono ma con una menzione particolare per Dorothy Daniel, vera eccellente
sorpresa. L’album scorre con estrema naturalezza ed ispirazione, tenendo alta
la tensione e mostrando grande personalità con storie mai banali e frutto di
uno sguardo fattosi adulto grazie ad esperienze non sempre positive ma che
hanno concorso ad una profondità degna di nota. Gli stili si fondono
benissimo e canzoni come “Love Conquers All”, la citata “The Mountain” con il
sentore di New Orleans nelle pieghe, “The River Is Wide” e poi ancora
“Undertow”, “Holding The Bag” e “The Coals Glow” fanno percepire un grandissimo
amore per l’intero spettro sonoro che il ‘deep south’ ci ha proposto negli
anni, prendendo spunto da apprezzati predecessori come Buddy Miller e spesso la
Band di Robbie Robertson, ‘guida spirituale’ per generazioni di artisti che si
sono cimentati con la musica delle radici. Uno sforzo questo decisamente
riuscito che merita tutta l’attenzione da parte di chi cerca genuinità e cuore
nella musica.
Remo Ricaldone
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