Quella
dei Panhandlers è un'avventura che merita di rappresentare uno dei migliori progetti usciti nel
Lone Star State grazie ad una freschezza, una luminosità e un’ispirazione
assolutamente da rimarcare. La country music nella sua coniugazione più
incisiva e dinamica è alla base del quartetto formato da Josh Abbott, William
Clark Green, Cleto Cordero e John Baumann in una selezione impeccabile che
regala una manciata di canzoni che rimarranno a lungo nei cuori degli
appassionati. Gli arrangiamenti rimandano un po’ ai Turnpike Troubadour nella
loro versione più roots, le performances si giovano di un affiatamento
notevolissimo mentre la scrittura pesca nella più genuina tradizione texana creando una selezione che fa di questo disco
certamente uno dei più intriganti lavori dell’anno. La produzione è nelle mani
esperte ed ispirate di Bruce Robison che porta a termine un prodotto che si
gode dalla prima all’ultima nota attraverso dieci brani contraddistinti da una
profusione di fiddle & steel, di chitarre elettriche e di una solida
sezione ritmica. Canzoni che mischiano con classe ballate e midtempo perfetti
per essere proposti coralmente in una dimensione live, classiche country songs
e momenti più robusti e vicini al migliore ‘southern sound’, da “West Texas In
My Eye” al delizioso country waltz di “Panhandle Slim”, da “This Flatland Life”
a “The Panhandler” in un susseguirsi di dichiarazioni d’amore nei confronti del
West Texas e dall’affascinante regione del ‘manico di padella’, quel pezzo di Texas
che si insinua a nord tra Oklahoma e New Mexico. Tutto l’album merita
l’attenzione non solo del fan ma di chiunque voglia entrare nel mondo delle
‘high plains’ e dei suoni che lo caratterizzano. Un progetto questo che si
spera non risulti isolato e che possa in futuro riportare in pista il quartetto
dei Panhandlers con nuove canzoni.
Remo Ricaldone
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